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Informatica e architettura. Oltre i confini
di Antonino Saggio
Pubblicato su "Costruire" dicembre 2002 n. 235 p.62
ToDo: cercare manualmente
per vedere l'altro breve articolo. Progetto e informatica Virtuale
ma concreto
"Costruire", n. 219, Settembre 2001 (p. 102).
A che punto è la generazione degli architetti "Nati
con il computer" di cui avevamo trattato a proposito della Mostra al Museo
d'Architettura di Francoforte Digital | Real (Costruire n. 219)?
Per fare il punto sulla questione è bene
vedere il problema da vari punti di vista.
Il primo è l'inserimento degli ITA ( Information
Technology Architects, un mio neologismo, un poco partigiano per
la verità) all'interno dei grandi studi d'architettura e ingegneria.
Gli ITA non sono da confondere con i tecnici che mandano avanti l'hardware
e le reti, né con i disegnatori che passano in bella copia
i disegni nei programmi elettronici di rappresentazione. La figura
dell'ITA corrisponde invece ad un professionista, architetto o ingegnere,
che spesso possiede un Master di Computer Science e Architettura (ne sono
offerti molti all'estero) o un dottorato ottenuto con una ricerca teorico-applicativa
molto specifica. In genere durante gli studi di specializzazione questi
professionisti hanno collaborato strettamente con almeno un docente guida,
ne condividono la filosofia e ne sono stati assistenti.
In un recente simposio tenuto a Philadelphia (Architecture
in the Digital Age) ho notato che studi d'alto profilo assumono esattamente
questo tipo di persone. Lo scopo, come è stato spiegato dai capi
ricerca di Gehry Associates (James Glympth), di Foster and Partners
(Hugh Whitehead) e di Ove Arup (Chris Luebkeman) è di creare
piccoli ma agguerriti gruppi dove l'informatica entra "nelle fibre stesse"
dello sviluppo progettuale e ne caratterizza fortemente la
direzione. Per esempio: come sviluppare volumi matematicamente perfettamente
definiti (come è evidente nel caso di Foster) o, al contrario,
come sviluppare superfici complesse basate su equazioni non lineari in
rapporto a teorie nate nella biologia (per esempio in alcune ricerche
recentissime presso Gehry) oppure, ancora, come realizzare simulazioni
sempre più articolate che coinvolgono gli innumerevoli parametri
di una ingegnerizzazione consapevole del progetto (un tema saliente
presso Arup) e che va dai calcoli statici a quelli termici, dai flussi
di utilizzo alla reazione al sole sino alle situazioni di rischio come
incendio, terremoto o terrorismo.
In contesti problematici di questo livello, appare evidente
che gli ITA diventano centrali: consentono di far conoscere agli interlocutori
i modi di procedere matematici, scientifici e anche "filosofici" del mondo
dell'informatica e di intessere un dialogo attivo. L'informatica non è
in questo contesto operativo "la realizzazione" di un'idea che sta già
nella mente del progettista, ma un elemento di raffronto costante che si
ha solo con un continuo processo di andata e ritorno, di ipotesi e di verifica.
E, come si sa, il processo quanto più ci si alza di livello, tanto
più è deduttivo: perché le concezioni scientifiche
hanno sempre influenzato il modo con cui l'architettura viene concepita,
pensata e realizzata.
Il secondo punto di vista sotto cui esaminare lo stato
complessivo dei "Nati con il computer" riguarda gli esiti costruiti. Ebbene
sino a poco tempo fa gli esempi di realizzazioni si contavano sulle dita
di una sola mano. Le sperimentazioni di Gehry associates nell'auditorium
di Los Angeles o nelle abitazioni a Düsseldorf, alcuni padiglioni
di esposizione come quelli di Bernhard Franken per la Bmw, una chiesa nel
Queens di Greg Lynn e Doug Galofaro e poco altro. Alcuni mesi fa si è
invece inaugurato il Terminal di Yokohama nell'omonima città giapponese.
Questo progetto, ne abbiamo fatto un cenno trattando del Padiglione inglese
all'ultima Biennale, rappresenta un'opera non concepibile senza computer
per il costante mutamente della sua sezione, per l'ondeggiamento dei suoi
corpi per accogliere le diverse funzioni, per il modo stesso di concepire
prima, disegnare poi, e realizzare infine questa architettura. I due architetti
Alejandro Zaera Polo e Farshid Moussavi rappresentano dunque tra i "Nati
con il computer" i primi che realizzano un'opera di questa complessità
e di questo livello. L'internazionalità dell'operazione (uno spagnolo
e un'iraniana che si sono conosciuti a Yale, operano a Londra insegnando
alla Architectural Association e vincono giovanissimi un concorso
in Giappone che "l'onore dei samurai" dell'impresario consente
di realizzare nonostante l'età degli architetti) la dice lunga
sullo stato del mondo e sulla direzione in cui i giovani dovrebbero muoversi.
Nelle opere concepite e realizzate con una logica digitale
non esiste però solo l'evento di questa esperienza, ma vale
la pena ricordare anche due recenti realizzazioni che pur se modeste in
scala aprono la riflessioni al terzo aspetto, quello della ricerca. Segnaliamo
l'interessante libreria Florence Loewy che lo studio Jakob&Mac
Farlane (noto per il bel ristorante George al Pompidou e anch'essi all'ultima
Biennale) ha realizzato a Parigi. Il progetto indica una strada interessante
e non ancora battuta nell'uso della struttura continuamente cangiante consentita
dalle nuove tecniche di realizzazione con macchine a controllo numerico.
L'idea nuova è creare una struttura abitabile che forse si potrebbe
sperimentare anche negli edifici evitando lo stucchevole gioco "sulle
pelle" e il rivestimento su cui troppi architetti si sono ultimamente
concentrati. L'altra opera è un Lounge (uno spazio in cui i viaggiatori
si rilassano sentendo musica o accedendo a vari sistemi informativi offerti
in questo caso dalla società Wind) realizzato dallo studio
Light Architecture di Gianni Ranaulo a Roma. In questo caso si sperimenta
uno spazio reattivo ai desideri degli utenti (luce, musica, apertura e
chiusura di vari diaframmi) e l'integrazione di sistemi proiettivi che
personalizzano, trasformano e virtualizzano l'ambiente. Dopo l'installazione
tempoanea a Fiumicino questa idea avrà senz'altro altre occasioni
di realizzazione.
Il terzo aspetto dei "Nati Con il Computer" è
infine quella della ricerca pura, che per anni aveva visto muoversi quasi
unicamente le ricerche nei video, nelle ipotesi di integrazione di virtuale
e reale, nel modo di creare ambienti non solo reattivi ma effettivamente
interattivi. Ora, pur se eco limitato ha avuto in Italia (ma "Abitare"
se ne è occupata a luglio) il 2002 sarà ricordato come
l'anno di Neuchatel. Nel contesto dello Expo svizzera 2002 si sono realizzati
per la prima volta padiglioni-architetture che testimoniano concretamente
come l'informatica dà vita a una nuova concezione di architettura.
Il tema è troppo interessante per essere affrontato in chiusura,
ma una vista alla mostra, ancora possibile attraverso il sito www.expo.02.ch/i/
, può essere propedeutica a una prossima riflessione.
A. Saggio
Legenda 1, Jakob&Mac Farlane studio, Libreria Florence Loewy, Parigi 2002 VAI
Legenda 2, Light Architecture Gianni Ranaulo, Installazione Spazio Wind Fiumicino, Roma marzo-aprole 2002 VAI