Lettura prolusione
FAX URGENTE
per il Dr. Gianmario Andreani
Sezione Libri “Domus”
Bruno Zevi, Architettura concetti di una Controstoria,
Tascabili economici Newton, Roma 1994 (pp. 100, Lire Mille)
Bruno Zevi, Architettura della Modernita', Tascabili
economici Newton, Roma 1994 (pp. 100, Lire Mille)
di Antonino Saggio
I titoli, nei libri, dovrebbero essere significativi.
Non sempre accade, ma quelli di Bruno Zevi, di norma, condensano l'idea,
la tesi, la ragione. Allora, e' giusto che il lettore si chieda perche'
un saggio di storia dell'architettura, che abbraccia un arco temporale
dalla preistoria al Duemila, ha il titolo di “Controstoria”. E perche'
il volume successivo che va da William Morris a Frank Gehry si intitoli
Architettura “della modernita'”, invece che architettura moderna o contemporanea.
Cominciamo con Controstoria. Il libro e' una terrificante
disamina dell'architettura di svariate migliaia di anni e lascia ben poschi
edifici integri nelle abituali teche storiografiche. Zevi combatte ancora
una volta Giedion che non riconosce consapevolezza architettonica alla
preistoria. Demolisce poi il tipo del tempio greco e la conseguente mitizzazione
neoclassica. Rivendica invece l'eccezione e la trasgressione dell'Eretteo
di Filocle ad Atene. Se il mondo greco e' scultoreo, quello romano sviluppa
in dieci secoli di storia lo spazio interno e il continuum, sino alla Villa
Adriana. Nel Medioevo l'autore sottolinea l'imprecisione del Romanico “nelle
cavita' troppo compresse, nelle simmetrie non rispettate, nei pilastri
non a piombo...” e nella scoperta del muro, valido per se' e non piu' per
le ornamentazioni aggiunte.
Dopo il “traballante romanico” e l'affascinate ibrido
che si ha al Sud tra la cultura araba e quella normanna, Zevi ricorda il
Gotico e soprattutto Arnolfo di Cambio e il suo palazzo Vecchio a Firenze.
Nel Quattrocento, Brunelleschi non e' il padre del ritorno
all'antico “ma mantiene l'eredita' gotica, la poetica delle linee-forza”.
Il Rinascimento e' soprattutto trattatistica, regole, ossessione per una
astratta citta' ideale, fino a che non arriva il non finito di Michelangelo,
la plasticita' di Palladio e poi gli invasi ellittici di Borromini e di
Guarini. Poco si salva della vicenda italiana nei secoli seguenti (Rococo',
Illuminismo, Neoclassicismo, Eclettismo). Nel Novecento, il Futurismo non
crea architetti, la Metafisica “sfibra ed infetta tutte le arti”, Terragni
“e' il primo personaggio italiano a rientrare nel circuito internazionale”.
Il volume, con pochi cenni al dopoguerra, ci lascia.
La storia dell'architettura italiana, e' dissodata con un impeto travolgente
che lascia il lettore quasi annichilito. Quale speranza, quale possibilita'
di lavoro? Ma, sedimentando, lo shock si decanta, una volonta' di superamento
riemerge: la critica che combatte lo status quo, non rassicurandoci, ci
aiuta.
Critica e architettura sono positive solo se negano:
combattono consuetudini, norme e regole per affermare il valore originale
della ricerca artistica. Il progetto di architettura, di per se' prosa
compromissoria tra funzione, costruzione e bellezza, si deve spingere oltre.
La funzione diventare tensione verso spazi umani e organici, la costruzione
segnare l'audacia della conquista dinamica dello spazio, la bellezza essere
annullata nel ricominciamento del Grado zero. Un'idea canonizzabile e imbalsamata
di “bellezza”, anzi, non esiste: e' estranea a qualsiasi modernita'.
Se questo volume rappresenta i primi due capitoli di
un lavoro che per Zevi si protrae “da oltre Trent'anni per produrre una
Controstoria dell'architettura in Italia, un 'De Sanctis dell'urbatettura'
(urbanistica + architettura)”, Architettura della modernita', puo' essere
visto in due modi: un approfondimento delle vicende degli ultimi 150 anni
allargata all'intero quadro internazionale, oppure il compendio (a Mille
lire) della famosa Storia pubblicata nel 1950 e successivamente ampliata.
In realta', leggendolo, vi si trovano soprattutto condensati, spesso in
poche righe, dei giudizi penetranti e lapidari su grandi artefici. E questi
giudizi, come quelli sul passato piu' lontano del primo tascabile, sono
spesso il frutto di opere monografiche dello stesso autore oppure di lavori
di grandi studiosi a cui Zevi, quando e' il caso, lascia la parola. Il
libro e' meno traumatico del precedente e contiene nell'ultimo paragrafo
la ragione del titolo. “L'ultimo valore consegnato al terzo millennio attiene
al rapporto tra architettura moderna e democrazia liberal-socialista. Su
questo terreno vibra la testimonianza di Terragni, Persico e Pagano, per
i quali la modernita' - quella che fa della crisi un valore, una morale
contraddittoria, dice Baudrillard, e suscita un'estetica di rottura - era
sinonimo di vita etica e civile. L'architettura e' il termometro e la cartina
di tornasole delle giustizia e della liberta' radicate in un consorzio
sociale. Decostruisce le istituzioni omogenee del potere, della censura,
dello sfascio premeditato, e progetta scenari organici. Fuori di una modernita'
impegnata, sofferta e disturbata non c'e' poesia architettonica”.
La modernita' (e con essa l'Architettura della Modernita')
non e' un valore temporalizzabile, e' uno stato, una tensione che “fa della
crisi un valore”. E' un esito che da' prospettiva a una vita di lavoro,
una tesi che per la sua perfetta stringatezza fa pensare a una formula
matematica (E=mc2, per esempio). All'autore stesso, che nasconde la scoperta
in un inciso, svelarne nei prossimi lavori tutte le implicazioni.
Ma perche' il primo libro si chiama Controstoria?. La
risposta arriva dal retro di copertina del secondo volume. Nelle poche
righe biografiche, tra le decine di libri, i progetti, le cariche e gli
onori l'autore sceglie per definirsi la formulazione “seguace di Carlo
Rosselli e membro del Partito d'azione”.
Ora, guardando al suo lavoro con una prospettiva storica
(il primo volume e' di 50 anni fa) non possiamo non pensare a come Zevi
rappresenti uno dei piu' grandi esponenti di una generazione di antifascisti
che, al di la' delle idee di ciascuno, si riconosceva contro la barbarie,
la guerra, la dittatura, l'olocausto. Zevi e' un uomo controcorrente e
questo, anche come studioso, e' il suo messaggio, le sue idee, la sua Storia:
fare uscire i monumenti e il passato dalla pura filologia, accettarli come
vivi, amarli e combatterli come se d'oggi e, attraverso la critica anche
asperrima, agire per una profezia di architettura e di societa'. Cento
pagine a Mille lire possono essere un ottimo strumento per qusta battaglia.
Antonino Saggio