La parte della ricerca contemporanea architettonico-informatica che aiuta a risolvere la crisi individuata è quella legata al nuovo modo di intendere il paesaggio. L'elemento che domina Celleno è senza dubbio il suo rappporto con il luogo. Sulla cima di un colle giacciono le rovine di un paese che non esiste più, che è privo di vita. Il visitatore che entra nell'antico insediamento è colpito dal legame tra gli elementi naturali e ciò che resta di quelli artificiali.
La rivoluzione informatica ha cambiato l'idea di paesaggio. Il progetto diventa esso stesso paesaggio perchè si sviluppa secondo le regole della natura.
Un altro fondamentale tema è quello dell'uso in architettura del modello diagrammatico che nel nostro caso non è soltanto una previsione di sviluppo soggetta a molteplici cambiamenti dovuti ai dati che intervengono, ma un vero e proprio schema entro il quale il progetto muta continuamente nel corso della sua vita.
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LAND ART
"Il protagonista indiscusso della Land Art
(interventi artistici su un luogo naturale) è il paesaggio che il
dispositivo tecnologico fissa in prospettive insolite: una telecamera collocata
su un aereo riesce a riprendere il fiume che segna il confine naturale
fra il Canada e gli USA, ad avvicinare ciò che è collocato
lontano(zoom), e a fermare ciò che scorre.
In questi casi i monitor e gli schermi
di proiezione propongono frammenti di spazio di grandi dimensioni che diventano,
nella loro riproduzione, paesaggi artificiali, concettuali, decontestualizzati.
Gli artisti della Land Art si avventuravano
in spazi geografici di vaste dimensioni, utilizzando la telecamera per
costruire un paesaggio piuttosto che documentarlo come Richard Long che
riprendeva ad intervalli regolari il panorama che vede durante la sua passeggiata
nel video Walking a straight 109 miles for forward and back shooting every
half a mile, 1969.
La Land Art provoca una dislocazione dello
spettatore nello spazio per vedere in situ le opere effimere installate
in aree naturali aliene al contesto artistico”
(Alexandro Ladaga, Silvia Malteiga, Strati Mobili Edilstampa, Roma2006)
Elastic Group "Ex-cavating
archeological underground" cave di Carrara 2005
...........Richard Long New art centre roche court 2005...........Wrapped Trees, 1998, Fondation Beleyer, Berower .....................................................................................................Park,.Basilea, Svizzera (foto di Wolfgang Volz)
nArchitects
Wind shape, Padiglione Effimero, Lacoste, Francia 2006
Wind shape è una struttura effimera
commissionata nel 2006 dal Savannah College of Art&Design (SCAD) come
uno spazio dove gli studenti si possono riunire e dove possono essere ospitati
eventi occasionali a La coste, in Provenza. Esso è diventato il
principale spazio di incontro nel piccolo paese che ha ospitato concerti,
mostre e cerimonie per l’estate del 2006. Il progetto è stato disegnato
dagli nArchitects insieme ad un grupo di studenti che ha lavorato con loro
per un periodo di cinque mesi.
Windshape è stato concepito come
un ambiente esterno vivibile, consistente in due padiglioni alti 8 metri
che mutano dinamicamente con il vento della Provenza. Una rete strutturale
di tubolari banchi in plastica, tenuti assieme da elementi in alluminio,
emerge dalle mura in pietra del paesaggio collinare. 50 km di nastro bianco
in polipropilene è stato tessuto in alcure regioni più fittamente
per creare delle superfici ed è stato legato per definire le porte,
le finestre e gli spazi per la disposizione dei posti a sedere.
Variando il gradi di tensione dei nastri,
Windshape risponde al vento in diversi modi, dalle oscillazioni ritmiche
all’ondulazione delle superfici. Quando ci sono venti forti, la struttura
si muove drammaticamente emettendo un suono sibilante caratteristico. Nel
corso dell’estate il padiglione assume dunque diverse configurazioni. Il
padiglione è illuminato di notte in modo tale che sia visibile dai
villaggi vicini fino a 5 km di distanza.
Windshape è stato un laboratorio
sperimentale che ha permesso di testare l’idea di un edificio che risponde
agli stimoli naturali.
Piuttosto che
riparare dalle forze naturali gli abitanti, gli edifici del futuro, potrebbero
riconnetterli al vento, ricordando loro la sua forza e bellezza.
tratto liberamente da www.narchitects.com
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Maria Lai
“Giocavo con grande serietà ad un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte” Maria Lai
Nata a Ulassai (Nuoro) nel 1919, paese inserito
in un paesaggio scabro e minato da continue frane, Maria Lai si è
formata, come artista, tra Roma (dove ha studiato con Mazzacurati e Prini)
e Venezia, sotto la guida severa di Arturo Martini. Talento manifesto sin
dalla giovinezza, ma di carattere schivo, la Lai ha esposto alle mostre
con larghi intervalli di tempo. Dagli anni Settanta la Lai ha sviluppato
un linguaggio originale nella produzione di tele cucite che generano scritture
illeggibili e materiche, evocative di stati d’animo e di pensieri. La comunicazione
con lo spettatore è affidata alle sensazioni che la trama descritta
dai fili e il contatto con la stoffa suscitano, in un passaggio diretto
dall’artefice al lettore-interlocutore. I libri di ceramica, invece, recano
impressa la scrittura come una memoria di un gesto forte, che lascia il
segno.
A partire dagli anni Ottanta la sua ricerca
artistica è stata rivolta soprattutto agli interventi sul paesaggio,
su vasta scala, come l’azione Legarsi alla montagna del 1981 sulla quale
Filiberto Menna scrisse delle pagine importanti, o di contenuto come l’installazione
per il Museo dell’Olio a Farfa, vicino Rieti.
Legarsi alla montagna,
Maria Lai, 1981
La scarpata, Maria Lai, 1993
L'artista, in alcune sue opere come "Legarsi alla Montagna" e in "Scarpata" compie operazioni di "land art"che presentano un forte legame con il luogo, in particolare con la sua terra , la Sardegna. un approccio che mantiene memoria delle tradizioni locali, non in modo nostalgico, ma in forma attiva, come motore di partenza.
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TECNOLOGIA
Kas Oosterhuis
La ricerca di Kas Oosterhuis si sviluppa sulla base di una riconsiderazione delle tecnologie come animatrici di una inevitabile trasformazione dell'ambiente abitato.
"[...]Il progetto ha preso avvio da una semplice conversazione avuta con il mio ingegnere strutturista, il quale mi disse che aveva realizzato un sistema pneumatico controllato da un computer in grado di rispondere ai carichi dinamici del vento. Questo significa che l'edificio è in qualche modo rilassato quando non c'è vento, e che si irrobustisce quando il vento si alza. Si comporta come un muscolo che aumenta di potenza quando deve sollevare qualcosa. L'edificio reagisce in tempo reale alle forze esterne. Ma gli ingegneri strutturisti usano questa tecnologia per resistere alla deformazione. Essi calcolano la deformazione, ma il piano segreto (o confessato) prevede di fornire una risposta alle forze, per ridurre al minimo le deformazioni. Allora io in quel momento pensai di usare questa tecnologia per creare delle forze dall'interno. L'edificio, in tal modo, non reagisce più a delle forze esterne, ma agisce in tempo reale per generare all'interno dei campi di tensione. Ero entusiasta di quest'idea che fu pienamente sostenuta dal mio ingegnere strutturista. La tecnica di calcolo in tempo reale era alla base dell'idea di progetto. Se gli edifici possono diventare attivi e se le loro azioni vengono connesse a un database, ecco allora che cominciano a sviluppare un sistema per agire autonomamente. Non dovranno più resistere a delle deformazioni ma si deformeranno in tempo reale per creare delle specifiche configurazioni, legate alle differenti specificità d'uso.
Quando la struttura attiva, concepita come un sistema spaziale consistente in un certo numero di pistoni pneumatici a controllo numerico, cambia forma, la superficie esterna e quella interna scorrono lungo lo scheletro. Dovremo sviluppare una sorta di pelle gommosa tridimensionale, flessibile e continua che permetta queste deformazioni. Anche la superficie interna, dove l'informazione si materializza attraverso migliaia di LED programmabili, dev'essere flessibile e capace di seguire i movimenti della struttura. Ciò che facciamo come architetti è determinare l'ampiezza delle deformazioni. Non possiamo prestabilire alcuna configurazione specifica, né un suo contenuto fisico, così come in quello informativo. Ma sappiamo qual è la sua massima deformazione, conosciamo lo spazio di lavoro dell'ufficio.
Qui l'edificio per la prima volta assumerà un processo in corso di trasformazione, e si riconfigurerà in tempo reale; le sue esatte sembianze sono sostanzialmente indescrivibili, in movimento è inarrestabile. Le configurazioni saranno sono diverse. Quando l'edificio riposa, i suoi movimenti sono impercettibilmente lenti, ma si muove lo stesso; il movimento è la modalità standard, l'immobilità è movimento allungato nel tempo al punto da farlo sembrare in quiete.
La reattività in tempo reale e la possibilità di riconfigurazione producono nuovi comportamenti all'interno dell'architettura. L'interazione tra utenti ed edificio si trasforma allora in un'esperienza dinamica attraverso interfacce trasparenti…[...]
Trans_PortIndustria, produzione, commercio sono il motore delle trasformazioni tecniche. La riconfigurazione dei processi industriali introdotta dallo sviluppo delle tecnologie dell'informazione all'interno della pratica corrente può sviluppare nuove architetture e nuovi comportamenti. In questo senso cambia anche la natura stessa dell'architettura?
Si, la natura dell'architettura sarà invasa da queste nuove microtecnologie. Una volta che la tecnologia avrà invaso il corpo, il corpo non sarà più lo stesso. Le tecnologie evolvono a ritmo elevato e utilizzano i nostri corpi come software per dei corpi tecnologici, proprio come le automobili utilizzano il conducente come un software per viaggiare lungo la propria strada. Allo stesso tempo si è reso evidente come il divenire umano non sia l'obiettivo finale dell'evoluzione, ma si è visto invece come siano le tecnologie ad assumere una posizione prominente e si evolvano molto più velocemente di quanto sia mai stata in grado di fare la vita biologica. Quelle che erano inizialmente solo delle estensioni del corpo per aumentare il potere degli uomini stanno adesso diventando sempre più degli strumenti emozionali dal comportamento imprevedibile. La tecnologia sta diventando selvaggia.
Anche i corpi architettonici sono oggi diventati obiettivo dell'invasione tecnologica. Tali corpi sono parte delle reti globali, essi sono (uniti attraverso cablaggi) connessi. Gli elementi associati ai corpi si nutrono dei dati inviati dai database aggiornati in tempo reale. I corpi architettonici possono adesso letteralmente animarsi. L'architettura non ha più un aspetto statico, la sua forma visibile è imprevedibile come il tempo. L'architettura sta diventando selvaggia.[...]"
tratto da ARCH'IT" Kas
Oosterhuis. Il lato selvaggio dell'architettura" di Marco Brizzi
http://architettura.supereva.com/files/19991100/index.htm
Muscle NSA2003
Muscle è un edificio completamente programmabile con la capacità di cambiare forma grazie ala contrazione e al rilascio di muscoli industriali. Le contrazioni sono il risultato di dati contestuali quali la prossimità o il movimento delle persone. L’apparato consiste in un volume pressurizzato in una maglia di muscoli Festo. Questi muscoli cambiano lunghezza secondo le variazioni della pressione atmosferica. Il progetto Muscle illustra come le tecnologie sensibili e le corrispondenti risposte tattili possono essere fuse assieme al fine di sviluppare un corpo architettonico affine ad un’entità viva ed organica.
La tecnologia impiegata è il Festo.
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MODELLO DIAGRAMMATICO
Il modello decisionale diagrammatico non
è la prefigurazione di un'idea finale, è la prefigurazione
di un processo, è la prefigurazione delle relazioni che interconneraranno
nell'architettura e un codice dna generatore e regolatare di uno sviluppo;
gli esiti dipenderanno da una serie di accidenti che intervengono come
variabili per modificare quel diagramma. Il grande passo è che è
un modello dinamico. L'arrivo di questa parola fa entrare in gioco due
cose: l'eletrronica e i computer e l'uso dinamico dei dati. Si prefigurano
alcune circostanze che saranno gradualmente approfondite e le decisioni
di conseguenza progressivamente adattate.
Peter Eisenman
Progetto per la Chiesa dell'anno 2000.
Lo schema di base consiste
in 2 barre parallele e un vuoto contenuto tra queste. La chiesa si basa
su 2 premesse: la prima è la relazione tra la distanza e la prossimità
implicite nel concetto di pellegrinaggio e nell’idea dei mezzi di comunicazione.
La seconda è la nuova relazione tra uomo, Dio e natura. La condizione
di “in between” tipica dei cristalli liquidi, fornisce un’opportunità
per creare un legame con il luogo in una maniera meno arbitraria.
Eisenman studia i diagrammi scientifici
e matematici, quali i frattali, la teoria del caos, il DNA, il comportamento
dei cristalli liquidi. Queste informazioni guidano la deformazione e lo
sviluppo degli spazi.