Edifici illuminati coi bicipiti: così l’architettura incontra le wearable technology
Esistono tecnologie e materiali, anche da indossare, che creano energia. Si chiamano wearable technology. E se si usassero queste tecnologie per una nuova idea di architettura per edifici per lo sport che hanno la capacità di creare energia? E se queste innovazioni dessero ulteriori elementi di interesse per nuove candidature olimpiche?
Eccomi qui, seduto nuovamente davanti allo schermo, ma con i piedi doloranti per una lunga corsa al parco. Sicuramente la ragione del fastidio è imputabile a varie cause; una postura scorretta, un’andatura non adeguata alle mie condizioni fisiche, scarpe vecchie o sbagliate, un appoggio del piede non ottimale e avanti di questo passo (!).
Così mi chiedo: non esiste niente per sapere la ragione di questo fastidio?
Inizio così una ricerca sulle più moderne tecnologie in campo sportivo, applicate ad accessori e vestiti.
Guardo con particolare attenzione il CES 2014 tenutosi a Las Vegas, quattro giorni all’insegna della tecnologia più avanzata. Ed eccoli, spuntano così come d’incanto “loro”… i calzini intelligenti!
1. Tutto nasce da una startup italiana chiamata Heapsylon, di base a Seattle, che ha inventato dei sensori da collegare ad uno speciale calzino. Tramite Bluetooth i sensori comunicano con lo smartphone, mandando i dati soliti delle app per runners, ma soprattutto informazioni inerenti all’appoggio e allo sforzo del piede e i relativi suggerimenti per correggere postura e andatura, per migliorare la corsa ed evitare infortuni.
Il mercato dele wearable technology, è in rapidissima espansione. Molti colossi come Nike, Google, Apple, Garmin, sono alla ricerca di nuovi brevetti per guadagnarsi un’ampia fetta di mercato. La Reebok per esempio ha sviluppato il sistema Reebok Checklite, in grado di misurare l’entità del danno subito dall’atleta in seguito ad un contatto duro, cosa che accade spessissimo negli sport da combattimento o nel football.
Finora però i principali prodotti in questo settore sono rappresentati da bracciali, orologi, occhiali e non da indumenti. I calzini Sensoria di Heapsylon, sembrano invece normali calze sportive, ma quello che cambia è il materiale, che pur rimanendo lavabile è adesso in grado di trasmettere informazioni, mediante il circuito dentro gli stessi materiali tessili e una speciale lavorazione chimica.
2. Altra ricerca tutta italiana, riguarda un tessuto assolutamente rivoluzionario, perché in grado di creare energia.
L’Istituto Nanoscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche insieme con l’Università del Salento, Istituto italiano di tecnologia e Università dell’Illinois e Northwestern negli Stati Uniti e appunto i laboratori Nnl coordinati da Luana Persano di CnrNano, sta studiando tessuti di nuova generazione in grado di generare energia dalle vibrazioni e dai movimenti.
Il tessuto in questione è composto da fibre di polimeri piezoelettrici, realizzato mediante una particolare lavorazione chiamata nanofilatura. Si tratta di un utilizzo della tecnologia piezoelettrica (caratterizzata da alcuni materiali, in genere cristalli, che venendo sollecitati meccanicamente producono una scarica elettrica, come ad esempio l’accendigas da cucina) ma in questo caso il piezoelettrico è pensato per essere applicato a dispositivi auto-alimentati, fino ai “vestiti” dei futuri robot umanoidi.
Incredibilmente interessanti ma ancora in parte da esplorare le potenzialità di questo tessuto piezoelettrico e i campi di applicazione di questa invenzione, che può essere ovviamente utilizzata nel campo dell’elettronica portatile, in grado di comunicare con il corpo umano, per arrivare al settore medico e al wellness. Il punto che a noi interessa sottolineare è che grazie alle ricerche citate noi di nITro siamo convinti che si possa in breve tempo giungere ad un “salto tecnologico” anche nel settore degli edifici e dell’architettura.
Andiamo con ordine e cerchiamo di muoverci in questo nuovo campo.
Tutte le persone producono energia cinetica, in particolar modo gli sportivi che sono in grado di portare al limite le capacità del corpo umano. Ad esempio un giocatore di basket è in grado di sviluppare circa 320kg sul suolo, nel momento del salto verso canestro, così come un giocatore di football americano ne sviluppa addirittura 520 spingendo contro un avversario.
Sono in fase di studio da diversi anni dispositivi per l’«energy harvesting» da inserire nelle scarpe, ovviamente in quelle usate dagli atleti.
Questa tecnologia consente a chi pratica attività fisica, di produrre energia elettrica, sfruttando dispositivi che utilizzano polimeri elettrostrittivi per il recupero di energia, integrati questa volta nella suola delle scarpe. Per effetto della deformazione, l’energia generata dai movimenti di chi le indossa può produrre quindi energia elettrica, successivamente immagazzinata in micro batterie all’interno della suola stessa.
3. Un’altra importante ricerca pubblicata su American Institute of Physics Journal, in cui il ricercatore Thomas McKay illustra il funzionamento di una speciale gomma.
Si tratta di membrane di gomma e pasta termoconduttiva (carbon grease), montate in una struttura elastica, dunque facilmente integrabile nei tessuti. Questa tecnologia è in grado di convertire il movimento in energia elettrica, riuscendo a sviluppare diversi watt di energia grazie alle deformazioni che il materiale subisce. La speciale gomma, sviluppata da un team di ricercatori della Auckland Bioengineering Institute, in Nuova Zelanda, si potrebbe unire al Taping, tecnica medica che studia e sfrutta le fasce muscolari, e al tessuto piezoelettrico. Nascerebbe un mix che darebbe vita ad una linea di abbigliamento estremamente performante, sia dal punto di vista del comfort che per le prestazioni energetiche, riuscendo a fornire anche i dati relativi alla performance sportiva e alle condizioni fisiche dell’atleta che indossa tali indumenti.
Ora veniamo all’ultimo step, che mette a sistema tecnologia e architettura. Si tratta di collegare queste nuove tendenze tecnologiche ad un luogo fisico. Un luogo, non più inteso come in passato, dove si consumava energia, ma un luogo in grado di generare energia e di emanare informazioni pertinenti.
Sembra di parlare di fantascienza, ma non è così, infatti gli “smart materials” come abbiamo visto esistono, e sfruttano delle tecnologie come la già citata piezoelettricità, ma anche la termocromia, l’elettroluminescenza, i materiali a memoria di forma, tutto frutto di rilevanti studi nel campo della scienza dei materiali.
Esistono alcuni esempi, ma purtroppo in Italia le applicazioni di queste tecnologie sono veramente limitate.
A Roma però le ultime festività natalizie hanno visto la presenza dell’albero di Natale alimentato dai passi dei visitatori anche se questa istallazione alla Città dell’Altra Economia, è decisamente troppo poco per cambiare un pensiero legato alla nuova concezione dell’architettura e dell’information technology.
Ma possiamo pensare anche per una città olimpica come Roma una ipotesi ancora più avanzata che colleghi appunto architettura, informatica e creazione di energia?
L’idea che proponiamo è TTC_Table Tennis Centre – un edificio dedicato al tennis tavolo energeticamente autosufficiente localizzato al Foro Italico di Roma.
L’idea si basa sulla riflessione che la palestra è uno di quei luoghi dove si fa visibile il consumo spropositato e a volte insensato di energia ma nel quale grazie alle nuove tecnologie di accumulo si possono creare interconnessioni energetiche e informative affascinanti tra lo sport e il suo “contenitore”. E tra gli sport in palestra (boxe, lotta, scherma, sciabola, eccetera) il ping-pong offre forse il miglior rapporto tra movimento, spazio e costi.
Proprio su questo abbiamo elaborato il progetto TTC, che si muove su tre caratteristiche interconnesse.
- La prima, dota di indumenti energicamente ricaricabili gli sportivi, che possono sfruttare a pieno tali tecnologie, grazie ai ripetuti e continui movimenti del tennis tavolo.
- La seconda, usa la pavimentazione piezoelettrica, riducendola a due piccole aree alle estremità del tavolo da gioco.
- La terza, utilizza un sistema a tessera che cattura le informazioni energetiche prodotte dai fruitori e le usa per “scontare” l’utilizzo della palestra o la propria energia a casa.
Ecco dunque il possibile, una grande innovazione: rendere reagenti e connessi le persone all’architettura, gli sportivi al centro sportivo, attraverso una “nube di informazioni” (lo abbiamo visto in un articolo precedente 20 febbraio) fatta in questo caso di performance e dati, interconnessioni sociali e individuali, in grado di produrre un continuo scambio di energia sostenibile.
Dal punto di vista architettonico il progetto TTC parte da una situazione di crisi, quella del Foro Italico di Roma, un complesso che ha perso molto delle sue qualità originarie ed oggi appare depauperato.
Tra lo Stadio del Tennis e l’ex Accademia della Scherma si estende oggi un lotto adibito a parcheggio e temporaneamente a stand espositivi, un’area appunto da destinare ad un edificio che sia congruo all’importanza del contesto e che si ponga come elemento di qualità e di innovazione.
Il progetto TTC propone di creare un centro unico in Italia per la disciplina olimpica del tennis da tavolo, e organizza tutte le sue diversificate funzioni produttive, commerciali, residenziali e culturali in rapporto a questo sport. Il piano sotterraneo ospita gli spazi richiesti per le competizioni nei rigidi standard imposti dalla federazione, al piano di entrata un foyer per gli allenamenti e ai piani superiori una serie di altri ambiti commerciali e di ristorazione.
L’edificio si organizza in un grande volume, perforato per traguardare verde e viste dell’ambiente circostante, con al suo interno una serie di “gocce abitabili” che si snodano nei vari livelli dell’edificio e ne determinano una bella fluidità interna.
Il mondo dei sensori e delle nanotecnologie può dar vita così anche ai materiali che compongono un’architettura, fino a rendere la stessa architettura reagente, dando vita a una “nube di informazioni” e di relazioni utili da molti punti di vista.
In una candidatura olimpica riflettere anche sui temi dell’innovazione tecnologica e informatica, con idee innovative come questa, potrebbe di certo essere una carta in più.
Roma, 17 marzo 2014
Giuseppe D’Emilio | nITroSaggio