20/03/05
I Ciclo: L’impatto dell’informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea. Il World Wide Web
Terza Lezione:
Informazione e architettura
To
DO:
Leggi La
Via dei Simboli
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breve commento via email
al prof. Antonino
Saggio
da marzi 05
Rivoluzione Informatica in ArchitetturaEsisto in quanto rappresento
Esisto in quanto funziono
Esisto in quanto InformoIl problema della " Coscienza " estetica
Il Problema della Crisi e della Modernità
A. Il concetto Marsupiale dell'Informazione
Segui questo Intervento di A.S. (real Time 2 mega)
B. Architettura come Informazione
C. Concetti derivati dalla Pubblicità
D. Il concetto di Modernità
E. La sfida per l'architettura
Figure Retoriche
Comunicazione Oggettiva
Comunicazione Soggettiva narrativa
diller e Scofidio Bad press
Kiasma Holl
To DO:
Leggi La Via dei Simboli
Spedisci un breve commento via email
al prof. Antonino Saggio
Approfondimenti
a cura degli Studenti.
Foto di AS Agosto 2005
La Storia Austrailiana
On 21-03-2005 16:10, "Francesco Becherucci" <malpathika@katamail.com> wrote:
Seguendo il programma "La storia siamo noi", produzione Rai educational,
direttore Giovanni Minoli, in onda questa mattina su Rai3, ho potuto verificare,
in maniera assolutamente casuale, come ci possa essere un ulteriore fattore
che portò Utzon alla costruzione della Sidney Opera House. Un fattore
propriamente storico- politico, che forse si allaccia all'ultimo fattore
da lei indicato, quello in cui si vedeva Utzon come architetto "interessato
all'uomo nelle sue diverse manifestazioni sociali".
Nel programma suddetto, si fa rifermento all situazione dell'Australia
all'inizio della seconda guerra mondiale e al luogo comune molto in voga
nell'Europa occidentale, che vede i soldati australiani e neozelandesi
come tra i più duri combattenti mai visti sui campi di battaglia.
Scoperta all'inizio del 17° secolo, l'Australia divenne colonia
britannica due secoli dopo e fu usata dalla madrepatria, in principio,
come colonia di deportazione penale. Nel corso degli anni si crearono i
primi insediamenti di coloni liberi, per lo più coltivatori (settlers)
o allevatori (squatters). Il vero boom di immigrazione ci fu solo con la
scoperta dei giacimenti auriferi, avvenuta nel 1851. La Federazione Australiana
nacque nei primi anni del 20° secolo, come difesa dal pericoloso espansionismo
tedesco nel sud del Pacifico, ma forte rimase il legame con la Gran Bretagna.
La prima guerra mondiale vide infatti l'Australia al fianco della Gran
Bretagna, ma l'occupazione delle isole Caroline, Marianne e Marshall da
parte del Giappone la avvicinò agli Stati Uniti.
Il definiivo declino del legame con la Gran Bretagna nasce dalla occupazione
giapponese dell'Indonesia, nel 1942. Lo stesso Churchill vide in maniera
preoccupata questa avanzata nipponica. In effetti, solo 4 giorni dopo i
giapponesi bombardarono le coste australiane, provocando numerose vittime
e parecchi danni alla flotta navale.
Gli australiani, sentitisi abbandonati dalla Gran Bretagna, pensarono
subito di allearsi con gli Stati Uniti che immediatamente mandarono
truppe a difesa dell'Australia, che in cambiò mise a disposizione
i suoi corpi speciali a fianco degli statunitensi nelle avanzate in Europa.
Questa alleanza, che sancì il termine dei legami, oramai solo
di discendenza, con la Gran Bretagna, vide l'Australia di fronte alla possibilità
di potersi ergere, finalmente, come stato indipendente a tutti gli effetti.
Il luogo comune, poi, di considerare i soldati australiani e neozelandesi
come tra i più duri combattenti tra quelli che presero parte alla
seconda guerra mondiale, fece crescere ancor più il desiderio di
sentirsi parte di una collettività finalmente indipendente e pronta
ad affrontare la vita politica ed economica mondiale con assolutà
libertà d'azione.
Ecco quindi, forse, un altro motivo per cui Utzon, partendo dal desiderio
di definitivo taglio del "cordone ombelicale" che legava la popolazione
australiana alla Gran Bretagna, decise di fare della Sidney Opera House
un simbolo in cui, come lei dice, " Vi si riconosco gli abitanti, i visitatori,
la città, il continente. (...) È un monumento di una collettività
che guarda al resto del mondo e che al domani si proietta con slancio."
Antonino di Raimo 04 sul sito Architettura di C. Compagnucci
http://www.architettare.it/public/commento1/la_via_dei_simboli.php
...... sembrano costituire la radice diagrammatica del
Braccio Ebraico.
Mi sembra un edificio come generato da un processo di
aggressione, di accoltellamento dello spazio. Questo senso del taglio è
lo stesso che presiede all'entrata della luce nell'interno: più
per piani che per fasci, non è assolutamente diffusa ma drammatica,
diagonale e quasi caravaggesca. Pure tagliate nel muro sono le fessure
cruciformi, dalle evidentissime connotazioni simboliche.
E in fondo, guardando questo edificio:
come non pensare ad una certa notte fine anni'30 e ad
un treno deragliato nel buio in qualche luogo orribile?
lo strazio, la lacerazione, sono però leggibili
anche come grande e interessante tema di ricerca architettonica, dove la
forma finale appare emergere da un incredibile smembramento che però
le ha conferito nuova unità. ....
Città narrante
da Michele Lisena 03
Vorrei fare, in merito alla terza lezione su "Informazione e Architettura", una breve considerazione. Stando a quanto da lei detto "essere macchina funzionante è il valore fondamentale dell'architettura moderna". Credo che, nell'architettura moderna, fondamentale sia anche giustapporre "L' Architettura macchina" all'interno della "Città macchina". La "Città macchina", come "L'architettura macchina", deve funzionare. Le parti della stessa devono oggettivamente essere un "totale"di parti collaboranti. L'architettura contemporanea invece "informa", "comunica", "esprime", "narra" ed è, a mio avviso, in qualche modo soggettiva. All'interno della città "narrante" l'architettura è, credo, parte "comunicante" e non "collaborante". Da ciò ritengo che scaturisca una città "somma" di parti e non "totale" di parti che esige una contestualizzazione dell'architettura non più oggettiva ma soggettiva.
“La torre dei servizi”: oggetto di architettura o prodotto
informatico?
Alessia Veneziani 03
Tralasciando le disquisizioni filosofiche su tale rapporto
complesso per rimanere nel campo della comunicazione per immagini, più
squisitamente attuale, mi è sembrato simpatico condividere questa
immagine. Sfogliando una rivista di architettura ho girato distrattamente
la pagina perché sembrava una semplice pubblicità, con ogni
probabilità, di tecniche edilizie, applicazioni per costruzioni
civili in cemento armato, solo successivamente ho capito trattarsi di un
oggetto più propriamente informatico. EMC2 Centriplex, server a
tecnologia Raid
(Frogdesign, Progetti e prodotti, in Domus 782, maggio
96)
“Un’arca solitaria in un paesaggio postindustriale a ricordo di un salvataggio biblico che traghettò l’arca in un mondo nuovo”
E’ un’evocazione dovuta alla forma organico astratta
di questo showroom-deposito per legno; un progetto un po’ datato di Baumschlager&Eberl
che si pone, un po’ come il museo del mare di Piano ad Amsterdam, in un
periodo di trasizione tra ciò che è meramente funzionale
e la forma rappresentativa di un luogo o di una comunità. Esso presenta
un sistema organizzativo più vicino ad un' edilizia industriale
che a una forma libera, funzionale allo scopo cui è preposta ma
già elabora delle soluzioni, anche se ancora solo epidermiche,
di "pubblicizzazione" di se stessa; mostra nelle rifiniture esterne quella
precisione del lavoro artigianale, allusione alle tecniche manuali locali,
che si offre come servizio in questo edificio, fungendo così come
qualcosa di più di un particolare puramente decorativo.
PARLARE ATTRAVERSO METAFORE
LA FORMA DELL’ARCHITETTURA NON DEVE ESSERE UNO SPAZIO, MA TRASMETTERE UN MESSAGGIO, NON RAPPRESENTA UNA FUNZIONE, MA NE SINTETIZZA IL SIGNIFICATO IN UNA METAFORA
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da
On 23-03-2003 22:51, "luca biagini" <lucabgn@virgilio.it> wrote:
ISSEY MIYAKE:
LA FORMA DI UN ’ IDEA
(INTERNI n. 508 ? gennaio febbraio 2001)
punto di vendita ?atelier-laboratorio
design by: Ronan & Erwan Bouroullec
IL CLIENTE PARTECIPA ALLA CREAZIONE DI UN ABITO A SUA MISURA
E’ LA METAFORA DEL SISTEMA INVENTATO DA MIYAKE PER RINNOVARE RADICALMENTE
IL MODO DI FARE ABITI
L’AMBIENTE E’ UN CORPO SENZA PELLE CHE MOSTRA IL RETICOLO DEL SUO SISTEMA
NERVOSO
UNA RETE DI TRASMISSIONE CHE MATERIALIZZA L’IDEA DI UN ABITO IN DIVENIRE
Dimensione Cognitiva
Cinzia Placco 03
Ciò che sta alla base è la rivoluzione linguistica che ha trasformato inevitabilmente il lessico figurativo dell'architettura, come quello di ogni altra arte; questa rivoluzione è prodotta dalla crisi „copernicana‰ che ha investito ogni campo della comunicazione, a partire dallo stravolgimento operato dall'Informatica.
"Crisi" ( come ha precisato De Kerckhove) „deriva dal greco antico e significa valutare, giudicare o decidere. [...] Di fronte ad una crisi, molte persone perdono tempo a guardare il vecchio ordine che crolla [...], ma in tempi critici occorre giudizio critico per capire che la storia è quella che sta inziando‰.
Lo consideriamo noi stessi quando ci soffermiamo a valutare quanto è accaduto anche sol o nell‚ultimo decennio, e in uno sguardo più ampio, durante l‚arco di tempo che ci porta dal Beaubourg al Museo Guggenheim di Bilbao. La deflagrazione finale di una rivoluzione iniziata lentamente negli anni attraverso l‚avvento dei primi computers e che ha subìto un‚accelerazione esponenziale con il world wide web, è l‚acme necessario ed inevitabile di un processo che interessa la struttura della società, se non addirittura la stessa struttura mentale dell‚ uomo: così come l‚immaginazione è performante rispetto ai media, così i media lo sono rispetto a nuovi modi di pensare e di comunicare. Da qui la connessione di valori estetici e funzionali, non più alla ricerca di una gerarchia ordinata, ma in quanto elementi di una fitta rete che collegano in modo complesso l‚osservatore e l‚oggetto osservato.
Il World Wide Web in modo particolare, attraverso la possibilità
di operare trasformazioni nel reale tramite strumenti incorporei, diventa
simbolo di questa rivoluzione: l‚automobilista contemporaneo crea quindi
la propria Smart; forse ˆ in futuro prossimo - anche il proprio spazio.
Interessante, a mio parere, il contributo di Purini contenuto in "Spazi e maschere" (a cura di Umberto Cao e Stefano Catucci, Meltemi editore, 2001) il quale afferma:
"Negli ultimi anni il processo fin qui sommariamente esposto ( dal corpo organico all‚ edificio nell‚età degli immateriali ) ha vissuto una fase ulteriore e in un certo senso estrema. La rete, insieme realtà telematica e metafora della sua stessa estensione, è diventata modello mentale attraverso il quale pensare il reale. La città diffusa è in sostanza un effetto conoscitivo della rete più che una realtà territoriale, così come è reticolare oggi l‚idea dello spazio urbano in quanto moltiplicazione inarrestabile di sinapsi comunicative ."
In questo contesto l‚architetto, liberato da regole gerarchicamente
ordinate, si riappropria di ogni strumento retorico e lessicale, occupando
il territorio di uno spazio nuovamente affabulatorio e sensuale,
senz‚ altro corrispondente alla 'generazione della rete'.
Architettura che si fa grafica
di Luigi Valente 02
L'architettura come simbolo.Cambia il concetto di "funzionalità" dell'architettura. Link
Nel'architettura passata (anche se non da molto) per funzionalità
architettonica si intendava il perfetto adempimento di ogni spazio progettato.
La nuova e ormai consolidata tendenza è quella di considerare
il termine "funzionalità" come un insieme di elementi che spesso
superano i confini del monumento stesso, dando forma ad un concetto che
racchiude tanti aspetti formali.
Esempio fondamentale è il Museo Guggenheim di Gehry che pur
non assolvendo a tutte le funzioni razionali e spaziali è certamente
funzionale alle esigenze progettuali che hanno voluto un monumento "simbolo"
efficace in tutti i suoi aspetti.
Il rischio (se di rischio si può parlare) è quello di
vedere in futuro un'architettura che sia funzione di se stessa o una "progettazione
funzionale al disegno". Come esempio valido si può assumere il design
di www.designgraphik.com <http://www.designgraphik.com> (imm.
allegata) che utilizza l'architettura come mezzo espressivo e dove si nota
l'utilizzo della "architettura funzionale al design", cioè un'architettura
che ha come unico scopo l'affermazione di se stessa.
Luigi Valente
E se pensassimo alla differnza nello stirare una camicia?
di Alessandra Cicotti 02
LA STIRATURA E LE NUOVE PIEGHE DELLA MENTE
La stiratura può essere vista come metafora dei cambiamenti antropologici della nostra società.????
Rispolverando le stanze della memoria mi sono ricordata di questa installazione
datata 1993 ad opera degli architetti Liz Diller e Ricardo Scofidio.
Mi sembrava interessante l’idea di come un oggetto, la camicia, e il
suo uso all’interno della quotidianità, potesse ben rappresentare
i cambiamenti della nuova sociètà contemporanea, che rifuggono
ogni schema pre-ordinato, prestabilito volgendo lo sguardo al caos, alla
casualità, all’interattività di differenti livelli che abbracciano
campo dello scibile.
L’antica scacchiera metropolitana, trasposizione nel contesto urbano,
dei rigidi formalismi della città industriale, lascia il posto alla
era delle informazioni, degli ipertesti, della tecnologia nuova.
Si attua una nuova lettura delle facoltà percettive e motorie
del corpo umano, l’esplorazione di nuovi linguaggi espressivi, l’ampliamento
della libertà di azione.
Bad Press prende in esame la stiratura, un’attività domestica ancora guidata da principi di economia del movimento progettata da ingegneri dell’efficienza a cavallo del secolo.
Nello stirare una camicia, ad esempio, con uno sforzo minimo è possibile ridarle forma trasformandola in un’unità bidimensionale e ripetitiva che occuperà uno spazio ridotto.
Lo schema standardizzato della stiratura "disciplina" sempre la camicia dandole forma piatta e rettangolare che trova il proprio posto all’interno di sistemi ortogonali di esposizione degli oggetti: gli imballaggi, i display espositivi, i cassetti del comò, gli scaffali degli armadi o le valigie.
Una volta che l’indumento sarà indossato porterà su di se i segni della logica ortogonale dell’efficienza.
Le pieghe parallele, gli angoli retti di una camicia pulita e stirata
sono diventati emblemi ricercati di raffinatezza.
Cosa succederebbe se l’attività di stiratura si potesse liberare
dell’estetica dell’efficienza?
Forse gli effetti della stiratura diventerebbero rappresentazione dell’era
postindustriale e l’immagine del funzionale si tradurrebbe in dis-funzionale.