Graduation Thesis/Tesi di Laurea
Antonino Saggio I Quaderni
Sapienza, Università di Roma, Facoltà
di Architettura
The Proactive Revolution in Architecture
Questa tesi, è rifluita nel volume, "Foreste Urbane" autore Gaetano de Francesco. Il volume ha inagurato la collana "The Proactive Revolution in Architecture" che rappresenta un cambio di punto di vista negli studi di architettura e urbanistica. Invece di partire da una “soluzione”, si parte da una “crisi”...
... Architetti e designer, amministratori e imprenditori, cittadini di tutto il mondo sanno che le opere di architettura e urbanistica sono sempre più motivate da una moltitudine di fattori strettamente interagenti, ma sanno anche che le soluzioni derivano da un’imprevedibile combinazione dei dati di fatto che solo uno sforzo intellettuale e creativo può permettere di generare...
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Foreste Urbane
Strategia sistemica per la riqualificazione delle aree estrattive: uno sviluppo sostenibile per Malagrotta, Roma
Gaetano De Francesco
AA 11-12 Tesi discussa il marzo 2012
Relatore Antonino Saggio
Prefazione al volume
Il lavoro nella crisi
di Antonino Saggio
È da anni che riteniamo che un atteggiamento consapevole della ricerca progettuale e architettonica debba partire dalle crisi che sono attorno a noi piuttosto che dalla immediata “soluzione”, per quanto essa possa essere formalmente gratificante. Quindi, pensando a Roma, è difficile non affrontare il tema che tra poco diventerà assolutamente centrale: quello, come viene definito sulla stampa, di Malagrotta. Si tratta di un’area ampia come una città di medie dimensioni (il bacino estrattivo del Rio Galeria-Magliana è esteso per 6000 ettari, la limitrofa città di Ostia si estende su una superficie di circa un quarto - 1530 ettari - ed ha una popolazione di 85mila abitanti). L’area è localizzata in un cuneo tra la via Aurelia a Nord e l’autostrada Roma-Fiumicino a Sud; non lontano dall’aeroporto verso ovest e le propaggini dei colli Portuensi ad est. Un’area vastissima, dunque, quanto sconosciuta alla maggior parte dei romani eccetto per i ricorrenti allarmi dovuti alla saturazione delle discariche. Meno noto il fatto che Malagrotta faccia parte, appunto, di un enorme bacino estrattivo.
La ricerca e il progetto che viene presentato in questo libro inverte tutti i termini della questione e fa una proposta coordinata per questa area. Una proposta economica, urbanistica, architettonica e naturalmente ecologica, ovviamente sostenibile anche dal punto di vista dell’ambiente. Questa proposta intende progressivamente sostituire un “sistema” ad un altro. Vediamo di che si tratta
Decidendo di rispondere alla mia sfida di docente, e a quella della città di Roma, e di affrontare quindi la ricerca sulla “crisi” Malagrotta, l’oggi architetto Gaetano De Francesco cominciò ad indagare la funzione prevalente dell’area, appunta quella estrattiva. Scoprì appunto che si trattava di una immensa serie di cave: cave per 6000 ettari e alle porte di Roma!. Notando l’enorme dimensione ci si pose una domanda apparentemente ingenua, ma che al lettore stesso verrà voglia di porsi: “Ma tutte queste migliaia di ettari … per estrarre pietre? E che costruiamo ancora con le pietre da taglio? Con i tufi, i travertini, i marmi?.” La risposta viene dai numeri che troverete nel libro: le cave non servono che in piccola parte alle pietre da taglio, servono invece ed in grandissima parte per estrarre inerti: piccoli sassi o ghiaia o sabbie da impastare con il cemento per formare il calcestruzzo!
Da questo punto si capisce un primo elemento della questione: le cave sono legate primariamente al ciclo del cemento. Si scopre subito dopo che noi in Italia siamo campioni per il numero delle cave nel territorio nazionale e anche per darle a prezzi bassissimi ad imprenditori che, come nel caso di molte concessioni pubbliche, non solo lucrano su beni collettivi ma innestano un ciclo nefasto. Nefasto? Sì, perché la produzione di cemento (realizzato con un processo di cottura negli altiforni) è una prepotente generatore di anidride carbonica contribuendo a tutti i fenomeni di surriscaldamento e inquinamento. Naturalmente l’estrazione depaupera il terreno del suo humus naturale e provoca varie fenomeni di dissesto idrogeologico per non parlare delle ferite terribili al delicato equilibrio del paesaggio italiano.
Quindi Malagrotta fa parte del ciclo negativo del cemento che, vale la pena sottolinearlo, non è fatto isolato o isolabile, ma è un sistema che coinvolge insieme attori che svolgono certamente una attività economica ma anche procurano dei danni gravissimi.
A questo punto, come invertire i termini della questione? Come creare un sistema alternativo a questo esistente?
Innanzitutto partiamo dai rifiuti. Se si incrementa sempre più la raccolta differenziata e soprattutto se si rafforza la raccolta di organico in una città come Roma e nell’intera area metropolitana, tonnellate e tonnellate di compost possono permettere, combinate a terra, di ritombare le cave, costruire cioè un nuovo humus attorno alle sue pareti verticale. Cosa fare su queste nuove ampie zone di terreno che verrebbero a circondare per centinai di ettari le cave abbandonate di Malagrotta? La risposta più logica è: bisogna piantare alberi cedui: cioè alberi che crescano in fretta e che possano periodicamente essere tagliati. Perché tagliargli? Ma è ovvio per alimentare anche in loco lo sviluppo delle costruzioni in legno.
Così il sistema diel ritombamento dei rifiuti può determinare buona parte del recupero ambientale delle cave abbandonate. Il progetto Foreste Urbane prevede anche di più, e qui entra in gioco l’architettura. Nelle parti pianeggianti delle ex cave, circondate dai terrapieni con le nuove foreste cedue, possono realizzarsi una serie di edifici che aderiscono ad un progetto contemporaneo di mixité. La caratteristica base di questi edifici è legata ovviamente alla produzione, trasformazione, commercializzazione del legname ma anche un insieme di attività culturali e didattiche, ricreative e per il tempo libero. Insomma al vecchio ciclo inquinante del cemento (e dei rifiuti indifferenziati in discarica) si può sostituire il nuovo ciclo del legno (e dei rifiuti differenziati). E tutto questo determina economia, determina energia, determina progetto. L’architettura e la tecnologia naturalmente accompagnano l’idea. Gli edifici stessi sono in legno e hanno forme sinuose che si adattano sia in pianta che in sezione alla cave. Gli spazi sono articolati in una successione di piazze, di strade e di slarghi e l’intero progetto può essere diviso in fasi di costruzione cominciando dagli elementi di recupero naturalistico per procedere gradualmente con le costruzioni.
Iniziando ad affrontare la crisi di Malagrotta, la più grande crisi di Roma, Gaetano de Francesco e chi scrive erano sgomenti dalla difficoltà dell’impresa. Oggi offrono agli interessati questa proposta e questo libro: Foreste Urbane. |