Il secondo libro della collana "The Proactive Revolution In Architecture" diretta da Antonino Saggio, affronta la crisi della epidemia batteriologica che ha devastato ampia parte del territorio del Salento. Il libro opera una disamina del dedalo di informazioni, delle azioni politiche amministrative e sociali, degli allarmi veri e presunti. Analizza inoltre esempi internazionali riusciti di integrazione tra architettura, ambiente e attività rurali. Nel libro viene individuato un vasto territorio investito dall’epidemia, lo si analizza nelle sue possibilità e nelle sue specifiche criticità. Michele Spano individua una parte in cui può sorgere un campus agricolo destinato alla gestione dell’emergenza e il rilancio agricolo della zona, una ipotesi niente affatto ipotetica, ma prevista dai provvedimenti ministeriali per affrontare la crisi. Nasce cosi un piccolo centro di mixité con residenza, laboratorio, aule specializzate che si innesta in continuità con i percorsi di valorizzazione del parco agricolo.
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Partire da una crisi è la strategia più difficile e più produttiva per un progetto. Qualunque esso sia, ma in particolare se è un progetto di Progettazione architettonica e urbana.
La crisi sempre sgomenta, ma ha in sé un enzima di necessità che, se incanalato con azioni positive, allora - albero da seme - cresce e contribuisce alla vita del mondo. La crisi drammatica che qui si affronta è quella della devastazione del territorio del Salento a causa di un epidemia batteriologica. Epidemia che ha causato già la distruzione di moltissimi ettari di splendidi e monumentali alberi di ulivo.
Il lavoro di Spano entra con competenza nella disamina puntuale del dedalo di informazioni, delle azioni politiche amministrative e della popolazione, degli allarmi veri e presunti. Un pensiero sistemico spinge lo studio: come è possibile vivere passivamente in un insieme così antisistemico (batterio, sdradicamento, perdita sociale e antropica, distruzione di un sistema di valori tanto paesaggistici che sociali ed economici)? In questo contesto il progetto architettonico può intervenire ma cosa fare per contribuire ad un nuova ecologia?. A poco a poco, attraverso lo studio , la crisi si comincia ad incanalare in azioni. Si individua un vasto territorio investito dall’epidemia e dallo sdradicamento degli alberi, lo si studia nelle sue possibilità e nelle sue specifiche criticità. Si individuano cave dismesse. Gradualmente si ridisegna il parco nei suoi percorsi, nelle sue aree di risarcimento ambientale e colturale. Individuando giacenze, nuovi percorsi, aree da recuperare il progettista individua una parte in cui può sorgere un campus agricolo destinato alla gestione dell’emergenza fitosanitaria e il rilancio agricolo della zona. Ancora studiando, viene scoperta che l’idea non è affatto ipotetica, ma è prevista esattamente dai provvedimenti ministeriali per affrontare la crisi.
Nasce cosi un piccolo centro di mixité con residenza, laboratorio, aule specializzate che si innesta in continuità con i percorsi di valorizzazione del parco agricolo. Il complesso è organizzato con edifici ad andamento lineare che determinano un insieme che da una parte richiama alcuni aspetti degli interventi rurali, dall’altro decisamente se ne distacca. Gli interni sono studiati con precisione, attraverso l’uso flessibile degli spazi, la luce naturale gioca un ruolo importante nel complesso come l’alternanza di materiali lapidei e del legno. E un albero in una corte nascosta ricorda tutto il processo.
Negli ultimi sette anni l'ecosistema salentino si è ritrovato minacciato da un insieme di processi che hanno dato luogo ad una crisi mascherata sotto il nome di Xylella Fastidiosa, batterio patogeno fra le piante di ulivo.
Parola chiave per l'intero fenomeno è "antiecologia", cioè l'insieme dei processi e dei sistemi che determinano la distruzione di una struttura naturale e che, nella provincia di Lecce, si è estesa dalle foreste di ulivi alla politica, con continui compromessi e rimandi di responsabilità che hanno alterato la realtà anche agli occhi dei cittadini. La società agricola è stata messa in ginocchio dalle numerose eradicazioni e dall'ingente uso pesticidi, misure 'necessarie' per fronteggiare l'epidemia in atto, e dallo stesso sistema giudiziario, che, in un vortice di indagini e sentenze, ha portato alla luce i lucrosi meccanismi che hanno alimentato la stessa epidemia. Quando c'è una crisi in Italia c'è sempre chi guadagna illecitamente.
A partire da tale scenario si sono rese necessarie strategie di intervento mirate a sovvertire il disastro di un intero ecosistema celato dietro l'emergenza fitosanitaria. Punto di partenza dell'intera proposta “RURAL PATH - Parco agricolo per la gestione fitosanitaria dell'emergenza Xylella e il rilancio agricolo dell'entroterra salentino” è l'idea elaborata, in via ufficiale nell'ottobre 2014, dalla XIII Commissione Agricoltura secondo cui bisogna rendere l'intero territorio interessato dell'epidemia un vero e proprio laboratorio a cielo aperto entro cui sviluppare progetti di ricerca volti al controllo del fenomeno batteriologico.
Per articolare un pensiero “sistemico” che possa innervare il progetto conviene partire dai caratteri particolare del suolo nella area salentina.
Alle radici delle innumerevoli piantumazioni di ulivi oggi cosi messa a rischio si nasconde appunto un terreno particolarmente pietroso. Per poter mettere a coltura i terreni era necessario sin dai tempi antichi dissodare il terreno del suo strato superficiale, solo dopo questa opera era possibile far attecchire le colture. Le famose costruzioni in pietra della regione sia negli elementi a supporto del territorio agricolo che nelle costruzioni era "naturalmente" il materiale frutto del dissodamento a fini agricoli. La pietra era "ovviamente" riutilizzata e il dissodamento necessario alla produzione agricola. Tutt’altra questione è invece la sempre più massiccia attività estrattiva che si è trasformata in un'azione invasiva e deturpante per l'intero territorio provinciale, che è il primo nella intera regione Puglia per numero di aree estrattive dismesse. Caso emblematico è il Bacino estrattivo di Calcarenite di Cursi - Melpignano - Corigliano d'Otranto - Maglie - Castrignano dei Greci, culla della pietra leccese e maggiore polo estrattivo dismesso.
Il territorio del Salento si ritrova così al centro di un'incessante guerra fra deturpazioni agricole da una parte e azione estrattiva incontrollata dall'altra. Porre un freno al quadro negativo che ha caratterizzato l'intera provincia di Lecce, dal 2010 a oggi, vuol dire riflettere anche agli equilibri che per secoli hanno tenuto assieme cave e agricoltura. Ed è proprio in questa direzione che si muove Rural Path, che tenta di proporre innanzitutto un programma adatto ad invertire questa tendenza: il progetto punta in primo luogo a costruire una filiera in situ, chiara e trasparente nella gestione del fenomeno epidemico, soprattutto nel pieno rispetto degli operatori del settore; successivamente intende valorizzare l'agricoltura locale, attività cardine del paesaggio e dell'economia salentina, già vittima delle agromafie; in stretto rapporto a quest'ultimo punto, l'interesse di Rural Path deriva anche dall'attento programma di tutela e valorizzazione del luogo, programma che si confronta con le principali direzioni urbanistiche, dal recupero dei contesti di cava sino al disegno provinciale di promozione del territorio. Tuttavia il cuore dell'intero lavoro è operare una sostanziale ricucitura fra i tratti principali dell'ecosistema locale. Tale ricucitura, fisica oltre che metaforica, viene attuata tramite un network di tracciati che nel rammagliare il Comparto Nord Est del bacino estrattivo, riattivano l'innesto territoriale descritto dal sistema di cave su cui insistono anche spazi periurbani e campi agricoli.
L'insieme dei percorsi rappresentano un vero e proprio diagramma, grazie al quale Rural Path si inserisce in ruoli diversi e interconnessi fra loro: Rural Path infatti è parco agricolo, dimensione tramite cui si valorizza il paesaggio locale a partire dalla natura rurale del sito; è infrastruttura sostenibile, dimensione possibile grazie ad un'attenta gerarchia dei flussi la quale, nel cercare di sostituirsi ai più convenzionali sistemi di collegamento, propone livelli di percorrenza sempre diversi, in grado di raccontare il luogo da molteplici punti di vista; è luogo della ricerca, laboratorio a cielo aperto finalizzato alla gestione dell'emergenza Xylella, all'interno del quale i percorsi costituiscono un sistema di lunghezze ottimizzato al fine di garantire una rapida ricognizione della salute ambientale del territorio. Il network di tracciati rappresenta, in ultima istanza, l'ossatura della struttura programmatica della proposta progettuale, in particolare nel suo relazionarsi con il territorio. Due parole chiave caratterizzano l'operazione: "Eco villaggio", ambito della sperimentazione del nuovo vivere rurale, e "Ricerca", appunto, ambito della sperimentazione agro ecologica e fitosanitaria, votato alla costruzione di un nuovo e condiviso know-how agricolo. I due aspetti rappresentano lo strato superficiale di una strategia ancora più complessa, che punta a combinare pubblico e privato all'interno di un sistema che si muove dal paesaggio all'architettura. Ecco allora che si vedono grandi campi agricoli alternarsi a distese boschive per l'agro - silvicoltura, estensioni floreali a specchi d'acqua per la fitodepurazione, oliveti ad aree ludico - sportive, ambiti fra i quali si muovono piste ciclopedonali, percorsi a cavallo e passeggiate in quota, forme di spostamento sostenibili capaci di regalare esperienze edonistiche del paesaggio salentino, qui riproposto in forme e linguaggio contemporanei.
I medesimi enzimi alla base dell'infrastruttura parco muovono anche le singole opere che ne animano i tracciati. I diversi manufatti, nati come materializzazione dei principali nodi del sistema di percorsi, sono eco dell'insieme dei flussi che articolano il parco, carattere che si rilegge tanto negli spazi di distribuzione collettiva del complesso, quanto nel trattamento materico esterno: nastri di pietra, legno e intonaco bianco corrono lungo l'intero sviluppo degli alzati, traiettorie che rammagliano i copri al terreno e, per estensione, al contesto data la grande attenzione rivolta all'utilizzo dei materiali della tradizione locale, qui organizzati secondo le direttrici di un campo di forze invisibile, figlie del contemporaneo paradigma informatico. Alle specifiche ricerche architettoniche ed espressive corrispondono, inoltre, specifici temi di ricerca spaziale.
Primo momento architettonico è costituito dal Bistrot e Banca del Tempo Contadino (B.d.T.C.), due corpi che accolgono attività di carattere economico e produttivo, un hub in cui prodotti culinari tipici e know-how agricolo rappresentano risorse imprescindibili per il raggiungimento degli obiettivi della proposta progettuale. Centro funzionale e distributivo è la sala polivalente, ambito di testata nella B.d.T.C.. Si tratta di un ambiente che fa della flessibilità un principio tanto funzionale che spaziale. Si tratta quasi di una una macchina allestita da una serie di pannelli movibili nel controsoffitto che, in grado di calare tramite carrucole, permettono di utilizzare l'interno dell'aule alle principali esigenze dell'utenza.
Dalla ricerca di nuovi legami fra uomo e natura nasce il secondo momento architettonico, la Foresteria, volume destinato agli operatori tecnici del grande laboratorio. Una lama verde che taglia morbidamente l'orizzonte accoglie i diversi alloggi che sono il frutto di una ricerca tipologico - distributiva (possibile attraverso lo studio di A. Saggio, Progettare la residenza, Lulu, Raleigh 2013). Il progetto sviluppa la vita insediativa che si articola in una serie di ambiti interconnessi da una dimensione collettiva ad una privata, con soluzioni aggregative che agevolano le relazioni fra i diversi utenti. Gli alloggi costituiscono il cuore della operazione progettuale, frutto di un pattern metodologico che vede da un lato il corpus delle 'regole fisse', indicazioni di ordine superiore che definiscono i margini decisionali strutturanti l'operazione progettuale, e dall'altro le cosiddette 'variazioni', cioè l'insieme delle indicazioni che prefigurano un abaco di possibilità. Tale pattern si riverbera anche nella costruzione degli alzati, disegnati da un chiaroscuro che accompagna lo sviluppo dei diversi alloggi.
Fulcro dell'intero programma proposto è il Centro Fitosanitario che raccoglie l'insieme delle attività destinate alla ricerca e alla sperimentazione nel settore agricolo, vivaistico e floreale. Il corpo, nato da un sostanziale sfioccamento dei tracciati del parco, si sviluppa su due livelli, articolati da una grande hall angolare, luogo della socialità, teatro di frizioni geometriche e distributive, sistema di orientamento grazie alla presenza di grandi lucernari che fluidificano lo spazio in soluzioni di continuità visiva e spaziale. Sulla testata dell'edificio insiste un luogo simbolico per l'intero intervento: un giardino segreto che accoglie e nasconde la chioma di un ulivo, messaggio politico oltre che metaforico, luogo di speranza e di monito allo stesso tempo per la fragilità di questo territorio.