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Antonino Di Raimo | ||
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Il mio lavoro di tesi, relatore
Prof. Arch. Antonino Saggio
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Thesis
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Leggi la relazione completa: La tesi di laurea dal titolo “Architettura e danza, costruzione dello spazio attraverso il movimento, ideazione e progettazione di Flux-Greece laboratorio multidisciplinare di danza a Spetses” redatta da Antonino Di Raimo, seguito dal relatore prof. Arch. Antonino Saggio, ha come tema la progettazione di un edificio polifunzionale da realizzarsi sull’isola di Spetses in Grecia. Sottofondo tematico e ambito multidisciplinare di questa tesi, è il rapporto tra architettura e danza, due discipline apparentemente diverse ma legate dal concetto di spazio, quale centro comune della loro riflessione artistica e filosofica. La profonda necessità di ottenere da tale rapporto un’architettura concreta, ha innescato sin dall’inizio della redazione della tesi, una ricerca storica volta ad esplicitare una corrispondenza fra gesti fondamentali della danza e architetture. La convinzione profonda alla base di questa ricerca consiste nel fatto che la valenza del gesto, quale movimento del corpo umano o di una sua parte, sia di fatto potenzialmente strutturante tanto di un disegno architettonico quanto di un passo o di una sequenza di danza. Il progetto architettonico successivamente proposto - Flux Greece - si basa su un programma funzionale già elaborato per Flux Lab, oggi attivo a Ginevra e diretto da Cynthia Odier, la quale nella tesi, su proposta del relatore ha accettato di collaborare come cliente virtuale. Il “Flux – Lab” infatti, è concepito metaforicamente sulla danza, e le “Sequences of Events”( Bernard Tschumi 1999), originate dal programma funzionale stesso, della danza hanno il carattere mobile e fluttuante. Da queste valutazioni sul programma, è conseguito un processo progettuale nel quale si ritiene che la multidisciplinarietà, la commistione fra attività eterogenee, nonché la loro ibridazione, siano elementi decisivi tanto negli aspetti costitutivi dell’edificio, quanto nel processo creativo che porta all’ideazione e alla progettazione dell’architettura stessa. In tal senso la valenza del gesto del danzatore, dal punto di vista compositivo finisce per assumere implicazioni sia metaforiche che generative. Il nuovo progetto del Flux infatti, fa corrispondere ad ogni ambiente in cui si suddivide il complesso programma multifunzionale del laboratorio, un passo di danza. Questi passi, o sequenze del corpo in movimento nel tempo, sono attinti da quel repertorio di base che ogni danzatore classico o contemporaneo possiede. L’esperienza del laureando come danzatore è stata in tal senso fondamentale. Tuttavia la possibilità tecnica di sviluppare le conseguenze di questa corrispondenza gesto-ambiente, assume un’ importanza centrale nell’intero processo, non appena la si concepisce nell’ambito di alcune tecniche avanzate di Information Technology , opportunamente congegnate. Avvalendosi della metafora, pure sottolineata dagli ideatori del Flux, del danzatore che muovendosi nello spazio innesca un insieme di eventi, non appena si definisce l’idea della figura immateriale animante l’intero concetto, diventa possibile desumerne in un’ottica progettuale basata appunto sull’Information Technology, alcune interessanti conseguenze. L’operazione infatti, si apre con la realizzazione di un modello di danzatore virtuale, dotato di peculiari attitudini fisiche; con la successiva animazione poi, “si trasmettono” al modello attraverso dei software dedicati, le abilità necessarie ad una perfetta esecuzione dei passi. Evidenziando delle parti significative di questo corpo virtuale, giocanti ancora un doppio ruolo di tipo simbolico-generativo, si ottiene un insieme di punti discreti che permettono, attraverso una successiva rielaborazione in ambienti software ancora più sofisticati, “la cattura” ed “il tracciamento” nello spazio di quei gesti. Quello che si realizza quindi, grazie alla presenza del danzatore virtuale, è una tecnica “motion capture” svolta interamente “in macchina”, che fortunatamente evita il ricorso al motion capture tradizionale, più costoso e sicuramente proibitivo nell’ambito di sperimentazione di una tesi di laurea. Il risultato prodotto da questa elaborazione, consiste nelle traiettorie di questi punti discreti e fondamentali del corpo del danzatore durante il movimento. Tali traiettorie da un lato derivano dall’aver considerato il gesto quale memoria culturale del passaggio del corpo nello spazio, dall’altro rispondono alla necessità di fondare la costruzione dello spazio architettonico su un complesso di movimenti, quali virtuosi antecedenti compositivi dell’intero edificio. I dati ottenuti, trattati ed elaborati sul doppio versante metafora – generazione spaziale, si dispiegano dunque a formare la trama concettuale e fisica sulla quale in definitiva il progetto prende forma, e risultano esiti di un processo concepibile esclusivamente attraverso l’uso del computer, strumento centrale nell’ambito dell’Information Technology; indubbiamente “palette per liberare il sogno”. (Antonino Saggio 2004). Così alla cosiddetta "White room" (lo spazio di prova e performance, usato anche per alcune occasioni sociali) si associa il passo del grand jetè. Le linee virtuali di questo passo generano la conformazione specifica dello spazio. Il processo è così ripetuto sette volte, associando ad altrettanti ambienti del programma multifunzionale (observation garden, living culture, think tank, kitchen, dark room, community bridge, e white room) altrettanti passi (Pas de bourré. Pirouette, Piqué, Port de Bras, Pas Tombé, Battement Fondu, oltre appunto al Grand Jeté). La combinazione dei gesti, le loro direzioni e dunque le traiettorie, vengono così combinate con delle linee di forza emergenti dalla lettura della morfologia del sito da un lato, e da un diagramma a treccia che deriva da un dipinto di epoca arcaica, dall’altro. La treccia, indubbia suggestione storica “guardata attraverso occhi contemporanei” (Bruno Zevi), è anche il diagramma organizzativo rispondente alle richieste del cliente relative alla possibilità di “avere spazi di intersezione delle varie attività”. L’ orchestrazione di movimenti così ottenuta, è peraltro concepita per un luogo. A tal proposito il prof. Dimitris Papalexopoulos del Politecnico di Atene è stato un consulente di importanza fondamentale per gli aspetti legati alla localizzazione. Il nuovo edificio occuperebbe una posizione di eccezione: adagiato sull’unica articolazione dell’isola che rispetto alla linea di costa si protende sul mare a formare proprio di fronte alla città di Spetses una piccola baia, l'architettura dunque si forma su questa ossatura tessile che segue la morfologia di un terreno che è come impresso dalle tracce antiche della treccia e allo stesso tempo tempo si sfiocca per assecondare la forza interna dei singoli spazi, formati e deformati dai movimenti della danza. Il “Flux-Greece” viene così ad essere costituito da un insieme di ambienti interconnessi gli uni agli altri, aperti in punti chiave al paesaggio circostante. L’estrema dinamicità dello spazio è frutto dunque non tanto di epidermiche ricerche stilistiche quanto di una "profonda" necessità di concepire lo spazio architettonico partendo dal significato simbolico e spaziale dei movimenti, dalle loro virtù implicite di lasciare tracce, materiali e immateriali, nello spazio.
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