La foto del rogo della Fenice caratterizza la nascita del progetto. L'idea è che le fiamme del gennaio del 1996 potessero essere esorcizzate non con un nostalgico “ dove era e com’era”, ma con un progetto moderno che, affrontando la grave crisi della perdita del teatro, ponesse al centro il valore del cambiamento ed una estetica contemporanea.
Nel progetto di tesi, il grande muro perimetrale salvato dalle fiamme rimane, consolidato ad arte, a contenere il teatro e a conservare le relazioni precedenti con la città. Ma sul muro si appoggiano fiamme di rame che coprono il teatro, raccontano le nuove spazialità interne e allo stesso tempo evocando il fuoco di quella notte. 
La grande sala teatrale conserva l'impianto a ferro a cavallo della tradizione all'italiana ma ne reinterpreta la spazialità attraverso un aggetto sinuoso delle file dei palchi e l'inclinazione stessa della platea che si trasforma progressivamente in una delle lingue della copertura. Attorno a questo nuovo invaso un sistema dinamico di ballatoi e di percorsi creano uno spazio interstiziale tra il vecchio muro e i percorsi e tra la materia ruvida del laterizio bruciato e la lucentezza dei nuovi materiali.

Il processo progettuale ha visto una combinazione di tecniche manuali ed elettroniche che sono state successivamente raccontate da Galofaro in un volume (Riscatto virtuale, Testo&Immagine, Torino 2000). Da una parte il progetto si è sviluppato in una prima intensa fase di modellazione manuale, in un contatto fisico con la materia, e in una seconda che, attraverso la digitalizzazione del plastico, ha permesso nuove simulazione e la creazione di un database 3d che ha consentito la creazione degli elaborati ortografici descrittivi di un ambiente tridimensionale molto ricco, complesso e stratificato.