L'ARCHITETTURA DISEGNATA DALLA LUCE |
Introduzione | |
Nel panorama architettonico contemporaneo, segnato come la nostra epoca dallelettronica e caratterizzato da fenomeni come limmaterialità, la sensorialità e la multimedialità, la luce riveste un ruolo fondamentale nella determinazione di particolari aspetti estetici e formali ma anche nella creazione di particolari immagini e ben precise metafore. La "città della notte" ci fornisce, ad esempio, una prova tangibile di alcune di queste asserzioni. La visione notturna della città e dellarchitettura è entrata nellesperienza estetica contemporanea sia come rappresentazione di un "altro" mondo sia come contemplazione della conquista attraverso la luce artificiale di un territorio estraneo e minaccioso. Con lavvento dellenergia elettrica luso estensivo della luce artificiale negli spazi urbani ha operato inseguendo due suggestioni. La prima è sostanzialmente volta ad esaltare gli aspetti propri di uno spettacolo della luce elettrica per una città che, tramite questo artificio, aspira a divenire "altro da sé" nel senso del "delirio" individuato da Rem Koolhaas nelle sue ricerche su New York. Il rovesciamento degli schemi percettivi usuali, la trasformazione in sogno e spettacolo di luoghi particolari come fiere e mostre, pulsanti della "misteriosa e vivificante energia", ha svolto la funzione di un esorcismo nei confronti dellangoscia notturna, trasformando lo scenario cinematografico del delitto metropolitano in un "Eden elettrico". Esiste poi unaltra tradizione che lavora per rendere migliore, almeno di notte, lo stesso mondo che viviamo di giorno. Operando per mezzo di sottolineature, cancellature, esaltazione di dettagli, cerca di ricostruire le condizioni di una percezione ideale dello spazio urbano e dei monumenti. Si tratta di un punto di vista che ha come riferimento il museo piuttosto della fiera. Negli esempi migliori vengono esaltati i principi di economia e di artisticità in una costruzione virtuale tendente ad idealizzare i luoghi. Ma questa non è la unica chiave di lettura per comprendere il ruolo della luce nellambito dellarchitettura contemporanea, bisognerebbe soffermarsi, anche, sui concetti di "fluidità" e di "metaforizzazione" ad essa legati. E, dunque, chiaro che vivendo la luce in rapporto "simbiotico" con questarchitettura "immateriale", "sensoriale" e "multimediale", diviene allinterno di questa una componente veramente "attiva", capace di interagire con "lesterno".Francesco Saverio Lauciello
|
|
L'architettura della luce | |
Nel 1927 J. Teichmuller pubblicò sulla rivista "Licht und Lampe" una
conferenza nella quale dopo precedenti contributi relativi alla tecnica
dellilluminazione utilizzava per la prima volta il titolo "architettura della
luce". Limportanza di questo nuovo concetto sembrava allautore così
decisiva da motivarne dettagliatamente lapplicazione. "Quando, circa cinque
mesi fa, ho osato pronunciare per la prima volta la parola architettura della luce,
giungendo persino a scriverla a grandi lettere su una parete della mia esposizione sulla
tecnica dellilluminazione, tenutasi presso la Gesolei a Dusseldorf, ero davvero
piuttosto preoccupato". Le esposizioni avrebbero "bisogno di quando in quando di
unefficace parola dordine". Eppure, allora sarebbe stato difficile
stabilire con sicurezza se lannunciato sviluppo si sarebbe effettivamente realizzato
così. Dopo cinque mesi, tuttavia, egli non appare più così titubante. "Esiste
unarchitettura della luce. E non soltanto in nuce. Dovunque questo germoglio cresce
ed è già cresciuto con una tale varietà e abbondanza che è difficile abbracciare
lintero campo e fare ordine nella grande quantità di manifestazioni".
Era questa più che
unaffermazione retorica? Che cosa consentiva a Teichmuller, dopo un momento di
evidente trepidazione, di esibire questa sicurezza? "La lampada elettrica a
incandescenza ha introdotto una nuova epoca". Ma questo era ormai chiaro da lungo
tempo! E il fatto che, con lintroduzione della tecnica dellilluminazione,
fosse iniziata "una nuova epoca", Teichmuller lo aveva già affermato nel 1925
su "Licht und Lampe". Ora, il passo decisivo sembrava piuttosto consistere nel
riuscire a conciliare il concetto della luce con quello dellarchitettura. Questo
era, in realtà, il vero rischio. Questa era la vera sfida.
Esponendo tali considerazioni, Teichmuller provocò, nel 1927, un duplice sviluppo. Da una parte, ci si occupò della "forma delle lampade", ci si occupò dei corpi luminosi, che si dovevano adattare allo spazio, alle sue forme e decorazioni. Dallaltra, si trattava della percezione della luce come "energia creatrice di spazi". Per entrambe le linee di sviluppo, Teichmuller seppe intuire la sintesi futura, che di per sé sarebbe riuscita a giustificare il concetto di architettura della luce "Da una parte, larchitettura e, dallaltra, la fonte di luce (lampada) e, soprattutto, la luce stessa che proviene dalla lampada, devono essere fuse in ununità artistica, così intimamente e inseparabilmente che si possa parlare di unarchitettura della luce". Più che mai diventa plausibile la collaborazione fra tecnico dellilluminazione e architetto, là dove si tratta della luce come energia creatrice di spazio. Il tecnico dellilluminazione avrebbe dapprima tenuto in considerazione soltanto limmagine che, attraverso la luce, si produceva sulla retina; allopposto, larchitetto sarebbe innanzitutto partito dal puro edificio. Per questultimo la luce avrebbe in ogni caso "illuminato" larchitettura, il che forse avrebbe portato la luce nellarchitettura, ma non ancora larchitettura della luce. "Ma questa luce nellarchitettura può sfociare nellarchitettura della luce", così sosteneva coerentemente Teichmuller, "poiché con essa, e soltanto con essa, si possono suscitare particolari effetti architettonici che, nello stesso tempo, nascono e scompaiono con la luce". Nel 1927 viene così formulato il compito di unarchitettura della luce, quando si afferma che la stessa architettura suscita effetti luminosi specifici, che utilizza esattamente come qualsiasi altro elemento architettonico. E qui si palesa lintento reale: la luce in architettura non deve più essere fornita ricorrendo a situazioni esterne, né deve essere garantita soltanto indirettamente; al contrario, la luce deve diventare un elemento misurabile - uno strumento nelle mani dellarchitetto e, oltre a ciò, unimportante componente della sua capacità di valutare la qualità spaziale. Questo è stato dunque lesordio, che lelettricità ha puntualmente offerto, negli anni venti, allarchitettura moderna: un "modernismo" che è paragonabile agli altri benefici della società industriale, nonché alle relative conseguenze per larchitettura e per il suo auspicato rinnovamento. Analogamente, si può verificare con quale volontà di totale integrazione è stata trattata la luce elettrica moderna. Con questa intenzione si sono espressi, per quanto riguarda i nuovi materiali da costruzione e i relativi metodi industriali di prefabbricazione sia Gropius che Le Corbusier e, precedentemente, i rappresentanti del Deutscher Werkbund. In questo caso, la parola dordine suona, per analogia, architettura dellindustria. Con il titolo Die Entwicklung moderna Industriebaukunst, Gropius aveva esposto le sue riflessioni, che vennero pubblicate nellannuario del Werkbund del 1913. Sostenuto dallappoggio economico di Karl Ernst Osthaus, egli le aveva elaborate, dopo aver compiuto il suo tirocinio presso lo studio di Behrens e contemporaneamente alla creazione delle officine Fagus, lincunabolo di unarchitettura moderna fondata su queste premesse. Sulla scia delle posizioni del Werkbund, Gropius si schierava a favore di quella capacità di sintesi, che egli voleva accordare allartista, e a lui soltanto. Ciò che, sulla base delle rivendicazioni del Werkbund, egli affermava in merito alla sintesi di arte, industria e commercio, era nello stesso tempo un programma artistico del moderno: "Ancora soltanto gradualmente, negli ambienti commerciali si riconoscono i nuovi valori apportati allindustria grazie al lavoro spirituale dellartista. Si tenta ora di garantire fin dallinizio, attraverso maggiori conoscenze, la qualità artistica del prodotto della macchina e, nello stesso tempo, di consultare lartista nellinvenzione della forma che deve essere riprodotta. Questo presupposto valeva ancora nel momento in cui entrò in funzione lelettricità. In virtù della stessa esigenza ideale di sintesi, le forme moderne di illuminazione dovevano essere inglobate nellarchitettura. Quando molto tempo dopo, nel 1956, apparve con grande ritardo il libro dal titolo Lichtarchitektur, si fece passare per esaudita questa aspettativa. La casa editrice pubblicizzò lopera facendo presente il collegamento specifico, da lungo tempo dato per scontato fra i profani, dellarchitettura moderna con la luce, di giorno come di notte. "Trasparenza, smaterializzazione, assenza di gravità", quali effetti della luce del giorno che penetra liberamente nei locali, lo "splendente chiarore" degli edifici illuminati di notte, "che assomigliano a cristalli, che brillano di luce propria", queste sono le immagini con le quali si esalteranno dora in poi i vantaggi dell'architettura della luce. Wassili Luckbardt, nella prefazione alla suggestiva selezione di immagini da lui proposta, richiamava ancora una volta lattenzione sulla novità del concetto di "luce in architettura" e di "architettura della luce". E Walter Kohler riportava le idee e le dichiarazioni sopra citate di Teichmuller, e concludeva indicando un contesto più ampio: "Larchitettura della luce è lulteriore evoluzione logica delle concezioni architettoniche da cui presero le mosse anche i grandi architetti dellantichità e del medioevo, che utilizzavano la luce del giorno come elemento architettonico nel senso qui indicato". Si stabilisce così una dimensione storica relativa alla luce e allelettricità. Ancora una volta viene sottolineato il significato storico delle innovazioni tecnologiche facendo riferimento al concetto di progresso, che caratterizza complessivamente il moderno. Ma subito dopo sorgono le prime difficoltà. Il processo non doveva infatti svilupparsi in modo così lineare e conseguente. Ci volle del tempo prima che la richiesta della "luce come un lusso per tutti" fosse effettivamente soddisfatta. Ciò che era conosciuto fin dagli anni venti sotto il segno delle réclame luminose e degli stupefacente effetti diurni e notturni, doveva ancora essere integrato nelledilizia residenziale e, in questo caso, troppo spesso si deteriorò riducendosi alla sola "luce con unimpronta particolare" presso "il camino e la televisione", come se la luce smorzata e lilluminazione indiretta fossero lultima risorsa.Daltra parte, si fa già qui riferimento al fatto che, nonostante tutti i vantaggi offerti dal controllo razionale dellelettricità, erano arbitrariamente sopravvissuti nel moderno stesso molti "residui" di una concezione mistica della luce. Anche per quanto riguarda la luce, "levoluzione logica" è più un programma che una realtà architettonica, in nessun modo a detrimento dellarchitettura, come si comprenderà facilmente. A tale proposito uno sguardo alla storia reale può fornire una chiara spiegazione. (Werner Oechslin)
|
|
Hyperarchitettura | |
La luce, come abbiamo visto, caratterizza fortemente le opere di molti architetti contemporanei, ma alcuni di questi, ci sembra, labbiano resa condizione indispensabile affinché i loro progetti assumano significato e valore in un ambito architettonico che persegua limmaterialità, la trasparenza, e la mutevolezza. Tra i tanti, in Toyo Ito e nella Coop Himmelb(l)au abbiamo riconosciuto lesistenza di quei presupposti che sono alla base dellarchitettura della luce. Il duo di progettisti viennesi della Coop Himmelb(l)au, nellambito della loro continua ricerca decostruttivista, ci mostra, ad esempio, come la luce "disegni" lo skyline della loro Media-tower sottolineandone le forme "taglienti" e "penetranti" fino ad esaltarne la grande forza espressiva. Questa ricerca non è certo lontana dalle esperienze futuriste di Marcel Duchamp e di Giacomo Balla. Toyo Ito è andato oltre, introducendo un concetto nuovo, "rivoluzionario": quello che riguarda la possibilità di "interagire" del "mezzo luminoso", in un ambito in cui la "sensorialità" è predominante. Per larchitetto giapponese il contenitore perde di significato, di importanza a vantaggio del "contenuto". Larchitettura diventa un "condensatore di sensazioni": la torre dei venti di Yokohama ne è un esempio, in virtù della sua attitudine di "interagire" con il contesto. Lorenzo Grifantini
|
|
L'illuminazione in un rendering | |
In linea con gli scopi del corso abbiamo esplorato le implicazioni che un
software di modellazione tridimensionale come 3D studio max può avere nello sviluppo di
un progetto. Non essendo però questo un corso di progettazione in senso classico, ci
siamo "limitati" a utilizzare un progetto già realizzato e, "calato"
in una scena tridimensionale, ne abbiamo indagato i vari aspetti servendoci dei diversi
tipi di illuminazione che il software ci forniva.
Il progetto da noi preso in esame, nellesercitazione, è costituito da una torre, che in un secondo momento abbiamo inserito in un contesto ed un reticolo urbani simili a quelli dellisola di Manhattan a New York, allo scopo di avere unimmagine più verosimile. La scena è stata, quindi, illuminata con i vari tipi di luce fornitici da 3D studio max. Abbiamo "ricreato", "simulato" sia immagini con situazioni ambientali di tipo diurno, che notturno. Molto interessanti si sono rivelate le "visioni notturne", nelle quali particolarissime sono le suggestioni prodotte dalla luce che, in un ambito di "spettacolarizzazione", ci mostra un "mondo diverso" non visibile di giorno. I risultati ottenuti ci hanno consentito di valutare in che maniera unarchitettura modifichi le sue caratteristiche formali, la sua immagine, in relazione al tipo di illuminazione ad essa applicata. E chiara a questo punto la portata delle implicazioni che i nuovi mezzi legati allelettronica consentono per lo sviluppo di un progetto del quale si vogliano valutare, attraverso dei renderings, gli aspetti legati, ad esempio, allimpatto ambientale, nelle varie condizioni di illuminazione. Francesco Saverio Lauciello Lorenzo Grifantini
|