TALKING ABOUT THE REVOLUTION
Interview to Antonino Saggio
by Fredy Massad and Alicia Guerrero Yeste
Pubblicata su "Il Progetto" n.9, january 2001
1.Fredy Massad and Alicia Guerrero Yeste- How did this series of books spring? Are these titles the result of proposals you made to authors or it was the authors who came up with proposals to you?
Antonino Saggio: Questa collana nasce da un antico interesse per l'informatica che è iniziato nel 1984 al tempo del mio primo incarico di insegnamento a Carnegie-Mellon. La mia convinzione è che un architetto deve rivolgersi con curiosità intellettuale a uno strumento che presenta formalismi e procedure "sue proprie", spesso non replicabili con altri mezzi. Non si tratta quindi "di uno strumento come un altro". Il nostro rapporto con l'informatica deve essere a un tempo Strutturale, Culturale e Formale. Strutturale perchè è l’intera società che ruota attorna al valore delle informazioni, Culturale perchè orientarsi in questo nuovo scenario è fondamentale e Formale perché "le procedure del pensiero" messe in atto nell’informatica possono influenzare il nostro stesso modo di pensare alla forma.
L'idea della collana mi è venuta nel novembre del 1996. A quel tempo era stata appena pubblicata la mia monografia Peter Eisenman. Trivellazioni nel futuro e stavo completando quella su Frank Gehry Architetture Residuali. I libri erano collocati all'interno della collana di tascabili Universale di Architettura (stampata dalla Testo&Immagine di Torino) e diretta da Bruno Zevi. Conoscevo Zevi dal 1976, ero stato suo allievo per molti anni, avevo già pubblicato libri e articoli nelle sue collane e riviste e intrattenevo con lui una fitta corrispondenza. Insomma era il mio maestro. I tascabili dell’Universale di Architettura, uscivano mensilmente anche in edicola, erano molto ben fatti tecnicamente con buona carta e foto a colori, avevano un prezzo contenuto e stavano scuotendo il sonnecchioso dibattito culturale italiano. Erano il frutto di una sua lunga e appassionata battaglia verso la comunicazione.
In questa fase venne da me l'editore della Testo&Immagne (l'ing. Vittorio Viggiano) per offrirmi maggiori responsabilità editoriali rispetto al mio abituale ruolo di autore (anche se di successo).
Io non volevo fare alcunché che mi mettesse in conflitto con il mio maestro Bruno Zevi. Decisi allora di proporre un nuovo fronte di libri che trattassero il rapporto tra informatica e architettura con l’approccio "Strutturale, Culturale e Formale" che ho descritto. Insomma non libri tecnici ma libri che aprissero un fronte di dibattito intellettuale sul rapporto tra informatica e architettura.
Disegnai un programma editoriale e decisi i primi titoli e le strutture fondamentali della collana che furono entusiasticamente accettate dall'editore. Non lo sapevao, allora, ma stavo facendo qualcosa di completamente nuovo, che non esisteva ancora da nessuna parte al mondo.
Decisi inoltre, invece di progettare una collana autonoma, con diverso formato e distribuzione, di proporre al mio maestro Zevi di ospitare questa collana di Informatica all'interno della sua Universale. La mia collana poteva così cavalcare l’onda del successo dei tascabili e contribuire a un "gioco di squadra" più ampio.
Zevi fece cinque cose importanti e decisive.
Innanzitutto accetto l'idea della nuova collana, secondariamente rese chiarissimo a me e all'editore che il sottoscritto era il vero e il solo responsabile della collana e poi iniziò con me un interessante ping-pong sul titolo della serie finché non fu deciso questo nome "La rivoluzione Informatica", che è un'alzata di ingegno che senza di lui non ci sarebbe mai stata . Infine accettò che il mio nome fosse accanto al suo in copertina. Un onore che Zevi ha concesso solo ad altri due critici nella sua lunghissima carriera.
E cosi la Rivoluzione Informatica nacque con i primi due volumi usciti nella primavera del 1998. Nel gennaio del 1999 il dr. Robert Steiger, senior editor di Birkhäuser manifestò interesse per la traduzione inglese della serie la Rivoluzione Informatica. Si cominciò a lavorare in questo senso e tutti i dettagli organizzativi furono decisi nel maggio del 1999. In particolare il nome della collana diventò "IT Revolution in Architecture" (Information Technology Revolution in Architecture), si cambiarono alcuni piccoli dettagli del volume (come i titoli correnti e la localizzazione dell’indice) e si ridisegnò completamente la grafica della copertina che diventò molto asciutta. Le informazioni sulla collana furono inserite in un logo - disegnato appositamente - che fu localizzato nel quarta di copertina e poi in una pagina speciale alla fine del volume.
La distribuzione dei libri in Inglese è, grazie a Birkhäuser, molto buona. Di tanto in tanto amici e studenti mi dicono di aver avvistato i volumi in una libreria di Tokyo o di Miami e via Amazon.com o via il sito di Birkhauser.ch sono distribuiti ovunque.
Per una serie di contingenze legate al processo produttivo attualmente i testi della mia collana escono prima in Inglese che in Italiano. Una cosa che mi crea un poco di imbarazzo almeno nel piccolo circolo dei miei studenti alla Sapienza, che in genere sono collezionisti e cultori appassionati di questa collana.
Mi chiedete del rapporto con gli autori.
Diciamo che vi sono diversi approcci. Il primo è che io stesso disegno un tema che ritengo importante oggi. Normalmente in questa fase decido anche il titolo del libro (per esempio Nati con il computer) e solo "dopo" mi metto alla ricerca dei migliori possibili autori per svolgere il tema.
In altri casi il libro nasce da un dialogo serrato tra gli interessi di un’autore e una mia progressiva strutturazione del tema (per esempio "Digital Eisenman" o "New Flatness"). Più raro è il caso di un autore che confenziona un libro già perfettamente pronto e strutturato dalla A alla Z. Questo, a oggi, è solo il caso di Gerhard Schmitt, che scherzosamente chiamo lo Schumacher dell’informatica, dato che non conosco nessuno che abbia il suo livello di competenza, la sua visione e la sua velocità.
2.-Which names and works may have settled
the theoretical and methodological basis to analyse the present moment of
architectural production and have also been a reference for the authors of
the IT Revolution series?
Direi che gli autori di base di riferimento che ricorrano più spesso si possono facilmente desumere nella top list del settore. La cosa interessante è che alcuni di questi autori , come Derrick de Kerckhove, tra i critici e i filosofi o Greg Lynn o LARS SPUYBROEK stanno scrivendo un libro per la collana. Qeullo di de Kerckhove,Principles and Models of Web Architecture, uscirà già a gennaio 2001.Devo dire che ho cercato di fare un punto su questo quadro di riferimento in un recente saggio che ho intitolato "A Manifesto for An Architecture of Information" e che è disponibile anche in rete dopo essere stato pubblicato su "Il progetto"
3.-In our opinion, one of the main virtues of the IT Revolution books lies in the fact they show a very accurate research and a rigorous analyse, which unfortunately doesn’t seem to be present in the majority of architectural publications these days. Would you agree with the idea that these days there too many "easy" books on architecture being released (namely, books that try to introduce "revolutionary" concepts about the possibilities of technology applied to architecture and which don’t reflect carefully about the subject)?
What’s your opinion about the current international scene of architectural books devoted to critic and theory?
Come dire, ciascuno cerca di fare il proprio lavoro e mette in gioco la propria visione del mondo. Inoltre si consideri che vi è una sostanziale differenza tra libri in cui vi è un direttore di collana e libri che invece vedono un rapporto solo tra l’editore e l’autore. Come ho raccontato prima, attraverso il mio maestro Zevi io ho assimilato un’idea di cultura e quindi di pubblicistica di architettura che è molte cose insieme:
innanzitutto è capacità di "orientamento culturale", secondariamente è "capacità di comunicazione" (attraverso una scrittura diretta e veloce, "a molti strati"), terzo è "scientificamente attendibile" e seria ma mai filologicamente pedante (si veda la sezione "Further Reading" della mia collana), quarto "usa le immagini" per comunicare concetti, quinto "è anche narrativa".
Ora questo approccio è molto molto diverso rispetto ai libri "coffe table" che invadono le librerie, o rispetto ai libri tipo "PhD Dissertation" che l’editoria universitaria americana produce e anche con i libri dei grandi Architetti-Teorici, che possono essere fatti solo da pochissimi.
Ma, come gli allenatori di una squadra di calcio, la risposta più vera e più giusta alla vostra domanda e che ognuno cerca di fare il proprio lavoro secondo i propri principi e non spetta a me giudicare e commentare come altri "allenano" o dirigono collane..
4.-In the preface to one of the books, you mention that the first conclusions on behalf of the main issues risen in Hyperarchitecture had been evolving throughout the realization of the other books of the series.
In quella prefazione, l’avevo scritta nel dicembre del 1997, mi ero reso conto della necessità di una architettura Interattiva o meglio come la chiamavo "creatrice di metafore". Ecco perché avevo deciso di intitolare il libro, forzando la mano all’autore, HyperArchiecture. Sul tema ho riflettuto e cercato ancora e vi sono tornato nella prefazione "Interactivity" di Nati con il Computer. Su questo tema scriverà il suo libro Lars Spuyborek che con i Nox ha posto tale argomento al centro della sua ricerca; il libro diLars rappresenterà un’ulteriore passo avanti insieme a quello di Greg Lynn in questa direzione.
5.-We are completely for the possibilities
of the technological revolution and agree with the debate posed in these
books. But some time, we might be tempted to ponder whether we are being
too euphoric about the present and just do not realise that information has
always been there; and the actual revolution consists in the fact that information
can be transferred faster, and the availability and amount of info has increased.
Still, what it is required -and has always been- is a capability/an awareness
to analyse all this available information.
Information is nothing without reasoning, isn’t it?
Esattamente. Il problema è la conoscenza, non le informazioni di per sé. E la conoscenza non ha valore, non ha senso se non si inserisce in un quadro culturale.Intendo dire, e ne ho parlato con passione insieme ad Eisenman ad un Simposio tenuto a Zurigo con gli autori della collana, che il nostro lavoro è creare gli orizzonti culturali entro i quali le conoscenze e poi le informazioni hanno luogo. Questo lavoro di "creazione di orizzonti" è il vero senso di questa collana
6.-Which is the rôle of the architectural star-system within this process of evolution/change described in the IT books?
6.Isn’t technology for many architects
just a tool that allows carrying out things that had been technically impossible
or excessively complicated before? Whereas for other architects -not only
young generations- is a tool that implies a theoretical reflection about
the development of architecture?
For example, Gehry used computer
programs to develop the Guggenheim Bilbao project; but Gehry had no contact
whatsoever with a computer during his training as an architect, therefore
he doesn’t think in the same terms that any of the architects named in Natural
Born CAADesigners or Toyo Ito, for example.
Sono di nuovo d’accordo con voi. Credo sia importante "il paesaggio originario" in cui ci si muove. ed è chiaro che le nuove generazioni e ancora di più quelle che si affacciano proprio ora hanno delle marce in più perché il computer fa parte della loro stessa vita.
7.-We guess we should consider the
present moment a small step in the beginning of the race. When you explained
how did your son Raffaele play with a computer when he was fourteen months-old,
you made us think that the generation, which is currently working with the
computer, is not a generation that was actually born next to a computer,
but a generation that approached the computer during their teens or early
adulthood. In fifteen years-time we will be witnessing the work of a new
generation of architects, which will have entirely developed their minds
using a computer from their earliest childhood.
Mio figlio Raffaele, ora ha 14 anni, è abbastanza freddo con il computer. Lo usa, ci gioca, va su Internet ma la sua vera passione è una pratica abbstanza antica come giocare a basketball. Per fortuna nei nuovi tempi, rimangano in vita anche le cose precedenti! Quello che mi sembra caratteristiche di queste nuovissime generazioni è il fatto che la tecnologia, per loro, non ha "aura". Semplicemente c’è.
8.-Which would be the main difference
between the IT Revolution and the other technological revolutions that have
taken place throughout History? Could it be that this is the first technological
revolution, whose development is taking place right before us, so we are
entirely aware of its being in progress?
Si quello che dite è molto efficace. La vera differenza dei nostri tempi è la quantità di informazione che noi adoperiamo per produrre un determinato bene. Per produrre e vendere un vegetale 1000 anni fa non era quasi necessaria informazione. Oggi lo stesso vegetale ha incapsulato dentro il 95% di informazione. Ora, visto il ruolo sempre crescente dell’informazione, noi srtuiamo vivendo la nostra rivoluzione "in real time".
9.- Manuel Castells states in The information age: Economy, Society and Culture (Vol.I: The rise of the network society) that the Industrial Revolution actually consisted in two revolutions. The main changes into Architecture derived from the Industrial Revolution were introduced during the second revolution’s period, namely by the end of XIX century. Reinforced concrete and the elevator brought a substantial change into the architecture for daily life.
As for the IT Revolution, shouldn’t we have to wait for a second phase in this revolution to see any substantial change into daily-life architecture and in the re-definition of the ways of dwelling?
A me non sembra che il vero problema sia il "numero" delle rivoluzioni, oppure le maniere diverse che gli studiosi intendono strutturare le ondate delle innovazioni tecnologiche. Forse, proprio perchè sono un architetto e non un sociologo, per me quello che è decisivo è il concetto di "crisi". E cioè il processo attraverso cui l’intensità dei cambiamenti del mondo spingono a un cambio della propria visione e del proprio quadro disciplinare. I due concetti di "crisi" e di "orizzonte" sono quindi intimamente connessi. Se vogliamo è compito degli intellettuali e degli artisti creare "nuovi orizzonti" entro cui collocare i fenomeni di trasformazione della società. In altre parole usando una formula che da Baudrillard viaggia anche in Zevi "come trasformare le crisi in valori".Se pensiamo a quello che è avvenuto negli anni Venti del Novecento vedremo proprio che intellettuali come Walter Gropius (e Le Corbusier e Mies) ebbero la capacità di riformulare "completamente" l’architettura sulla spinta del nuovo monoo meccanico e industriale. Una architettura non più aulica di chiese e palazzi, ma di case e quartieri per tutti, una costruzione non più per mura continue e pesanti ma per punti strutturali, un’immagine non più prospettica e statica, ma dinamica come il nuovo paesaggio industriale, una organizzazione non più per schemi tipologici fissi ma bensi per un libero articolarsi delle funzioni. E non solo: sono proprio i processi seriali, razionali, standardizzabili, della produzione industriale che vengono assimilati dall’architettura. Ma per far questo c’è voluto molto tempo.Ora le nostre parole chiave sono cambiate: noi pensiamo in termini di "personalizzazione" e non più di standardizzazione, noi non pensiamo più attraverso processi "di divisone in cicli" o di "catena di monatggio", ma di "unità tra diversi" (per esempio nelle città all’idea dello zoning, si è sostituita l’idea della plurifunzionalità), noi non pensiamo più all’idea di "modello ripetibile" (la Ford Nera per tutti) ma in termini di Adattabilità (si guardi alla Smart: a ognuino la sua macchina) se non di Interattività tra ambiente, architetture desideri.
I salti sono stati spesso compiuti da piccoli gruppi di uomini "connessi in rete". Mi pare di sentire che un nodo di cambiamente si tesse tra noi e i nsotri lettori che sono sempre pìiù numerosi.
Intendo dire che la risposta reale nel campo dell’architettura può prendere anche molti anni a prendere forma.
Il cemento armato è stato brevettato nel 1847 e le costruzioni a scheletro in ferro si realizzavano a Chicago già nel 1880, ma prima che una nuova complessiva estetica " industriale" nascesse abbiamo dovuto aspettare gli anni Venti del Novecento