It Revolution in Architecture Series
La Rivoluzione Informatica
This writing was published as Preface at the book:
Christian Pongratz / Maria Rita Perbellini, Natural
Born CAADesigners, Young American Architects, Birkhäuser, Basilea
2000 e Nati con il computer, Giovani architetti americani,Testo&Immagine,
Torino 2000
Interattività
Prefazione di Antonino Saggio
Nel 1962 in casa mia arrivò la televisione. Fu un evento perché le onde informative su quello schermo in bianco e nero mi avvicinavano a bambini lontani e diversi. A scuola potevamo scherzare sulla "Gallina Trik&Trak" o su "Giovanna la nonna del corsaro nero" e tutti insieme viaggiavamo sul tappeto volante della TV dei ragazzi. Forse, come dopo ci spiegarono, ci stavamo omologando, ma a noi sembrava tutto bello.
Mio figlio non solo ha visto insieme alla luce del giorno quella dello schermo televisivo, ma ha avuto dal primo momento a sua disposizione un altro schermo. Era in una custodia marrone, ed era primitivo per gli standard di oggi. Steve e Bill l'avevano fatto nascere nel 1984 (il 24 gennaio). Su quel primo computer avevo creato un ipertesto dove, cliccando su "mamma" o "papa", apparivano disegni, animazioni, suoni. E per interminabili ore Raffaele interagì con il computer. Aveva 14 mesi.
I teen-ager di oggi giocano in rete con quelli di Tokyo o di Reykjavik, come io parlavo di Giovanna e di Battista il maggiordomo indifferentemente con i bambini del mio piccolo paese o di una grande città. Se la mia generazione ha vissuto l'arrivo della televisione, quella di mio figlio è "nata" con TV e computer.
Ora, essere "nati" quando un oggetto o una tecnica importante è già parte del paesaggio della nostra vita caratterizza la nostra visione del mondo e delle cose? La domanda alla base di questo libro è esattamente questa, anche se, naturalmente, più specifica. Nati con il computer studia gli architetti della generazione che si è affacciata nella scena americana dell'ultimo lustro e accompagna il lettore nel campo delimitato da quella domanda. Per chi interessa capire l'imprinting architettonico di questi nuovi progettisti, Maria Rita Perbellini e Christian Pongratz hanno condotto un lavoro di grande utilità. Hanno ristretto la selezione a dieci studi di architettura, dopo averne studiati molti di più, hanno parlato con gli architetti, hanno letto i testi e analizzato quanto essi hanno progettato (e in alcuni casi costruito) e offrono al lettore un panorama unico, nuovo e fresco.
Nuvole di idee
Nelle situazioni in fieri le idee sono molte, le situazioni fluide e a volte confuse. Pongratz e Perbellini non possono né vogliono chiarire sino in fondo questa massa di idee e di esperimenti anche se presentano gli architetti caratterizzandoli volta per volta insieme a delle teorie portanti cui ciascuno si ispira: la ricerca sui fluidi, le conformazioni antropomorfe e animate, gli stati modali e comportamentali, la ricerca di nuove forme anfibie, le nuove dimensioni virtuali, la ricerca di complessità desunte direttamente dalla vita contemporanea. Una cosa risulta così chiarissima: questa generazione sta cercando in territori nuovi. Proviamo, d'altronde, ad invertire il problema e immaginiamo i nostri autori sulla scena fiorentina del primo Quattrocento al lavoro su un Nati con la prospettiva. Avremmo le idee di Masaccio e Brunelleschi e Alberti e Donatello e sentiremmo parlare di punti di fuga, di tracce, di orizzonti, di proporzioni, di testi antichi, di riscoperti eroi del pensiero come Platone e Aristotele alla ricerca difficile ma possibile di un nuovo spazio tutto umano, tutto governato e misurato dall'uomo e non più dallo Spirito Santo.
Da questo libro si evince che Karl Chu, Greg Lynn, Reiser+Umemoto, Nonchi Wang, Neil Denari, Diller+Scofidio, Winka Dubbeldam, Marcos Novak, Hani Rashid e Lise Couture, Thomas Leeser e architetti-critici come Stan Allen hanno piantato le tende dei loro accampamenti di ricerca in lande lontane da quelle delle generazioni precedenti. Per rendersene conto basta scorrere il Glossario, che qui è un veramente indispensabile viatico: cosa è la geometria topologica o il neodarwinismo? cosa un paesaggio epigenetico o un caos deterministico? La matassa è complessa e sconcertante, ma è su questi terreni impervi che probabilmente emergeranno le ipotesi di lavoro più efficaci.
Per saperne di più, oltre al consueto Per Approfondire, gli autori hanno curato delle Voci biografiche che sono un tesoro di informazioni. Non soltanto quelle bibliografiche ma anche Siti Internet e indirizzi email, magari per mettersi direttamente in contatto con il Masaccio o l'Alberti di domani.
De-formazione o In-formazione
Il libro organizza i dieci studi che analizza in dettaglio (seguendo una indicazione del 1993 di Jeffrey Kipnis) in due filoni principali: quello dell'architettura della De-formazione e quella dell'architettura della In-formazione. Non è un'indicazione metodologica di poco conto. In realtà, almeno embrionalmente e con tutte le cautele di una ricerca in-progress, si possono effettivamente individuare le due vie principali che i Nati con il computer stanno intraprendendo. L'una è quella sulla forma e quindi sulle possibilità assolutamente straordinarie di manipolazione e deformazione che si possono avere al computer. Manipolare e deformare, come si evince chiaramente dal testo, non solo per il piacere di farlo ma bensì alla ricerca di nuove sostanze, di nuovi perché che affondano in quelle teorie della vita, della scienza, del pensiero che sembrano più vicine all'oggi. D'altronde è caratteristico di ogni epoca di cambiamento il rifluire dei differenti pensieri disciplinari verso direzioni comuni. Il fatto che l'arte, la letteratura, l'architettura, il design, il pensiero filosofico, scientifico ed economico siano oggi vicini e interconnessi come da decenni non erano più è forse una nuova prova de La Rivoluzione Informatica.
L'altro filone attraverso cui i progettisti in esame sono raggruppati è quello dell'architettura della In-formazione. Certamente il primo significato è quello di una forma aperta, mai conclusa, insomma "non-finita", per usare un termine efficace, famoso e amato. Ma forse anche il secondo significato è importante. Architettura della Informazione.
La nuova trasparenza
L'informazione è il bene principale di questa epoca. Il vegetale che compriamo al supermercato è al 90% informazioni (ricerca, commercializzazione, distribuzione), lo stesso e anche di più sono gli elettrodomestici o le automobili e sempre più persone producono beni che sono "pura" informazione. L'informazione insomma è la chiave di questa epoca e l'elettronica il suo strumento principe. Ora per trattare dell'Architettura della Informazione dobbiamo per forza di cose fare un passo indietro.
Questo libro è il sesto della Rivoluzione Informatica. Nel primo esiste una postfazione che si chiama HyperArchitettura che dava il titolo all'intero volume. È necessario ora riprendere quel filo.
HyperArchitettura vuol dire muoversi alla ricerca di un'architettura caratteristica dell'età dell'informazione. Questo non può essere fatto se non si affonda nel centro della Rivoluzione informatica che non sono tanto e solo le informazioni, il loro immenso numero e la loro perenne mutevolezza, quanto la loro capacità di essere interconnesse, interrelate. La struttura dell'Ipertesto ne è la chiave: le informazioni sono legate da percorsi in cui si può liberamente cercare, liberamente trovare, liberamente costruire una propria storia.
Ora la sfida è come fare un'architettura che non sia solo narrativa e metaforica, come lo è parte di tutta l'architettura di oggi, ma come l'architettura stessa possa essere effettivamente interattiva.
Attenzione: il problema non è di natura tecnica. Sappiamo che esistono case intelligenti in cui l'ambiente cambia a seconda della situazione. Vi è lo scenario ospiti in cui automaticamente si attenuano alcune luci, si aprono alcune porte, si muovono alcune pareti scorrevoli o controsoffitti, si crea una temperatura e un flusso di aria, e poi scatta il Dvd con un brano di un film o una certa musica. Magari, e ci si sta arrivando con delle microfibre nei rivestimenti, anche le caratteristiche fisiche delle pareti possono interattivamente cambiare nella grana, nella porosità, nella capacità di assorbimento del suono o del colore. E si può avere lo scenario opposto "casa con bambini" in cui tutto si trasforma, oppure quello di "sleep" e mille altri altri. Come nella casa di William Gates, possiamo creare per ogni situazione uno scenario. Inoltre l'architettura può interattivamente mutare con l'ambiente esterno: con il vento, con la luce, con i rumori, con i flussi dei visitatori, con la temperatura.
Il vero problema, come sempre, non è di natura tecnica, che è facile e quasi banale - anche se merita tutta la nostra attenzione e ammirazione -, ma bensì di natura estetica. Come lavorare cioè a un'architettura che abbia la "consapevolezza" di poter essere interattiva, di poter avere strutture e spazi e situazioni, navigabili e modificabili come un ipertesto.
Usare il cemento armato nella nuova architettura degli Anni Venti non richiedeva di per sé una nuova estetica. Si potevano fare i vecchi edifici con pilastri e travi e ricoprirli poi con uno strato di stucco inseguendo la classicità prospettica rinascimentale.
Ma attraverso uno sforzo collettivo dal Padiglione di Vetro di Bruno Taut alla Maison de verre di Pierre Chareau e passando per Gropius, Mies e Mendelsohn, gli architetti capirono che forse la trasparenza permessa dalla struttura puntiforme era la chiave di una diversa visione del mondo. Non più separazione interno-esterno, ma una maniera più libera di relazionarsi con l'ambiente. La trasparenza proprio perché rappresenta l'estetica fondamentale della nuova architettura ne diventò anche l'etica: la volontà di apertura oggettiva al nuovo mondo.
Oggi non abbiamo solo un potentissimo mezzo per concepire, manipolare, costruire ma si è aperto davanti a noi anche un grande e nuovo tema: quale è il senso estetico dell'interattività? Il ruolo dirompente svolto dalla trasparenza nella nuova architettura degli anni Venti sarà oggi tenuto dall'interattività?. L'architettura nuova consentirà a ciascuno di essere attore e protagonista?. I nostri figli potranno interagire non solo con il monitor ma con l'ambiente e il mondo e soprattutto con lo spazio dell'architettura in una nuova dimensione del nostro essere?
Dal primo libro libro de La Rivoluzione Informatica abbiamo fatto passi avanti. Nuovi testi vi interessaranno e vi stupiranno, perché nel mondo c'è uno sparuto ma vitale gruppo di persone che a queste domande sta lavorando.
Preface by Antonino Saggio
In 1962 a television came to my house. This was a real event since the waves of information on that black and white screen brought me closer to other children both near and far. At school we could all joke about "Gallina Trik&Trak" or "Giovanna la nonna del corsaro" [Trans. note: early Italian television characters] and all of us would take a trip together on the flying carpet of Italian children's TV. Perhaps, as they later explained to us, we were being homogenized, but at the time it all seemed great.
Along with the light of day, my son not only saw the light of the television screen, but from his very first moments also had another screen at his disposal. It was in a brown case and was primitive compared to today's standards. Steve and Bill gave birth to it in 1984. I created a hypertext on that first computer so that drawings, animations and sounds appeared by clicking on "mamma" or "papà". And for hours on end Raffaele interacted with the computer. He was 14 months old.
Today's teenagers play on-line with others in Tokyo or Reykjavik, just as I spoke about the TV characters of Giovanna and Battista the Butler, indifferently with either the children of my small village or a large city. If my generation experienced the arrival of television, that of my son was "born" with a TV and computer.
Now, does being "born" when an object or an important technology is already part of the landscape of our life characterize our vision of things and the world? The basic question of this book is precisely that, even if, naturally, more specific. Natural Born CAAD Designers studies the architects of the generation that has arrived on the American scene over the last five years and accompanies the reader through the various aspects of that question. For those interested in understanding the architectural imprinting of these new designers, Maria Rita Perbellini and Christian Pongratz have performed a very useful task. They have restricted their selection to ten architecture studios, after having studied many more. They have read the texts, spoken with the architects, analyzed what they have designed (and in some cases built) and offer the reader a unique, new and fresh outlook.
Clouds of Ideas
In situations that are ongoing, there are many ideas; situations are fluid and at times confused. Pongratz and Perbellini can not nor do they intend to clarify completely this mass of ideas and experiments. But they do present the architects who characterize them one at a time along with the guiding theories that inspired each one: the research into fluids, anthropomorphic and animated shapes, modal and behavioral states, the search for new amphibious forms, the new virtual dimensions, the search for a complexity drawn directly from contemporary life. One thing becomes very clear; this generation is searching in new territory. We could turn the issue around and imagine our authors on the Florentine scene at the beginning of the 15th century at work on "Naturally Born with Perspective". Then we would have the ideas of Masaccio and Brunelleschi, Alberti and Donatello, and would hear talk of vanishing points, horizons, proportions, of ancient texts and rediscovered heroes of thought such as Plato and Aristotle in the difficult though feasible search for a new, totally human space, totally governed and measured by man and no longer by the Holy Spirit.
This book shows that Karl Chu, Greg Lynn, Reiser+Umemoto, Nonchi Wang, Neil Denari, Diller+Scofidio, Winka Dubbeldam, Marcos Novak, Hani Rashid and Lise Couture, Thomas Leeser and critic/architects such as Stan Allen have set up their research camps in lands faraway from those of the preceding generations. In order to see this, we need only skim through the absolutely indispensable Glossary: What is topological geometry or neo-darwinism? What is an epigenetic landscape or deterministic chaos? The tangle is complex and disconcerting, but it is on these inaccessible lands that the theories of more effective work will probably emerge.
Aside from the "Further Reading" section, the authors have also assembled biographical notes that are a treasure trove of information. Not only bibliographical facts but also Web Sites and e-mail addresses, giving the chance to directly contact that Masaccio or Alberti of tomorrow.
De-formation or In-formation
The book organizes ten offices into a detailed analysis of the two main trends: the architecture of De-formation and the architecture of In-formation (a structure that follows an indication that Jeffrey Kipnis gave in 1993). This is a significant methodological indication. In reality, at least initially, and with all the caution of research in progress, the two main lines of development that those Natural Born CAAD Designers are following can be effectively identified. One regards form and therefore the absolutely extraordinary possibility of manipulation and deformation that the computer allows. Manipulating and deforming, as the text clearly shows, not merely for pleasure but rather in search of new substance and new ways of thinking that are embedded in those theories of life, science and thought which seem to be nearer to the present. On the other hand, the rechanneling of concepts from different disciplines towards a common direction is characteristic of each age of change. The fact that art, literature, architecture, design and philosophical, scientific and economic thought are today closer and more interconnected than they have been for decades may be new proof of the IT Revolution.
The other trend used to group the designers under consideration is that of the architecture of In-formation. Certainly, the first meaning is that of an open form, never concluded, in other words "un-finished", to use a famous, well-known and well-loved term. But the second meaning may also important. The Architecture of Information.
The New Transparency
Information is the greatest commodity of this age. The vegetable we buy at the supermarket is 90% information (research, marketing, distribution). The same, only more so, goes for appliances or automobiles. In addition, more and more people are producing goods that are "pure" information. In other words, information is the key to this age and electronics are its main tool. Now in order to talk about the Architecture of Information, because of the very nature of the subject, we must necessarily take a short step backward.
This book is the sixth in the IT Revolution series. The first book contains an Afterword called HyperArchitecture which lent its title to the entire volume. We must now reconsider this line of thought.
HyperArchitecture means conducting a search for an architecture characteristic of the Information Age. This can not be done without going deep into the heart of the Computer Revolution. This is not so much the bits of information themselves, their immense number and continuing mutability, as much as their capacity to interconnect and interrelate. The structure of the Hypertext is the key. There, the bits of information are connected by channels through which we can freely search, freely find, freely construct our own story.
So the challenge is not only how to create an architecture that is narrative and metaphorical, as is a part of all contemporary architecture, but how architecture itself can be effectively interactive.
But just a moment; the problem here is not of a technical nature. We know that smart houses exist in which the environment changes depending on the situation. There is the "host" scenario in which certain lights are dimmed and doors opened, several sliding walls or double ceilings are moved, a temperature or air flow is created and then the DVD starts up with a certain film or musical selection. Perhaps, and this is already on its way to us with microfibers in wall coverings, the physical characteristics of the walls may also be able to interactively change in grain, porosity and their capacity to absorb sound or color. And the opposite "house with children" scenario could also be obtained in which everything is changed, or even a "sleep" scenario or a thousand others. As in the house of William Gates, we can create a scenario for every situation. Furthermore, the architecture can interactively mutate with the external environment; with the wind, the light, noises, the flow of visitors, and temperature.
The real problem, as always, is not of a technical nature, which is easy and almost banal - even if it well deserves our attention and admiration - but rather of an esthetic nature. In other words, how to construct an architecture that would have the "knowledge" to be capable of being interactive, of being able to have structures, spaces and situations that are as navigable and modifiable as a hypertext.
Using steel-reinforced cement in the new architecture of the Twenties did not require in itself a new esthetic. Old buildings could be made with support pillars and beams and then re-covered with a coat of stucco following the classic Renaissance perspective.
But through a collective effort progressing from the Glass Pavilion by Bruno Taut to the Maison de verre by Pierre Chareau and passing through Gropius, Mies and Mendelsohn, architects understood that perhaps the transparency permitted by the punctiform structure was the key to a different vision of the world. No more interior-exterior separation, but a freer way of relating to the environment. Transparency, precisely since it represented the fundamental esthetic of the new architecture, also became the ethic: the willingness to objectively open up toward the new world.
Today we not only have a very powerful method for conceiving, manipulating and building but are also faced with great, new theme: What is the esthetic sense of interactivity? Will the breakthrough role played by transparency in the new architecture of the Twenties be held today by interactivity? Will the new architecture allow everyone to be both actor and protagonist? Will our children be able to interact not only with the monitor but with the environment and the world and especially with the space of architecture in a new dimension of our being?
We have taken many steps forward from the first book in the IT Computer Revolution series. New books will fascinate and surprise you because of the small but very vital group of people who are working on these questions.
Antonino.Saggio@uniroma1.it